,
VENTATA DI UMANESIMO
DALL ALTO MEDIOEVO IN IRLANDA
AL RINASCIMENTO A VENEZIA
LELLENISMO
DALL IRLANDA
GIUNGE
A VENEZIA
PER
MERITO DI ALDO MANUZIO
Michele E.
Puglia
PARTE
PRIMA
AI LETTORI
(con
raccomandazione ai giovani studenti di leggere
questi articoli, formativi per la
loro cultura!).
Se cerate in questo articolo,
troverete una parte della mia
anima;
ora che sono nella fase conclusiva
della vita,
esso costituisce il termine
degl articoli o se volete, saggi, di carattere
umanistico
scritti per la curiosit e
linteresse
che, per questo periodo storico,
mi erano stati inculcati
al primo liceo, da un giovane e strano
insegnante di lettere, passato come
una meteora
e avuto solo in quellanno; scomparso
con il suo nome dalla mia memoria, come lo era
stato dalla scuola;
lo ricordo solo nellaspetto fisico,
prestante e
nella sua brillante vivacit
intellettuale, che mi
aveva lasciato il segno per gli
anni futuri.
Onore quindi agli insegnanti che
lasciano il segno!
* * *
Nellart,
Carlo V tra Rinascimento Riforma e
Controriforma,
nella
P. I. Sez.I, in cui si parla de Lumanesimo
sconosciuto,
abbiamo
fatto risalire gli studi pre-umanistici a Dante,
Petrarca e Boccaccio
e
al Dolce Stil Novo, e la diffusione
della lingua greca
(Sono
greche le parole dei nostri pensieri) agli
studiosi che, verso la met del 400 erano giunti in
Italia
dalla
Grecia (alcuni di quelli qu menzionati,
sono
indicati nellart. precedente tra i pre-umaanisti);
con il presente articolo, lelenco di costoro
pu ritenersi completo
e
gli studi umanistici vanno ancor pi retrocessi
e
fatti iniziare al VI secolo, come
riferiamo,
al
periodo della diffusione
ad
operaa dei monaci irlandesi.
* * *
SOMMARIO: DECADENZA
DELLA LETTERATURA GRECA CON IL TRASFERIMENTO IN ORIENTE DELLIMPERO ROMANO;
LELLENISMO DA UNA ESTREMITA DELLOCCIDENTE
SI TRASFERISCE NALLALTRA ESTREMITRA IN IRLANDA; PRIMORDI DELLA LINGUA
GRECA INTRODOTTA IN IRLANDA (In Nota: LA BARBARIE DEL REGIME IN IRAN E LA
DEBOLEZZA DELLU.E. INCOMPIUTA); IL CRISTIANESIMO IN IRLANDA E LE SCUOLE
IRLANDESI; COLOMBANO ESPULSO DALLA GALLIA DA BRUNECHILDE PER LAFFRONTO SUBITO;
GLI ANTICHI MONACI IRLANDESI INDIPENENTI DALLA CHIESA DI ROMA; LA SCUOLA
PALATINA ALLA CORTE DI CARLOMAGNO E I BATTIBECCHI NELLA SCUOLA; GIOVANNI SCOTO
ERIGENA CHIUDE IL CICLO DELLE SCUOLE IRLANDESI CHE SI CONFONDONO CON LE LATINE;
I DUE MOTORI DELLA CULTURA IN OCCIDENTE:
LA RINASCENZA E LA STAMPA; LA SCUOLA DI EMANUELE CRISOLORA E I SUOI ALLIEVI A
FIRENZE; LELLENISMO NELLE PICCOLE CORTI DI FERRARA MANTOVA E URBINO ELEZIONE
DEL PAPA NICOLA V; A CHE PUNTO ERANO GLI
STUDI DEL GRECO QUANDO ALDO INIZIAVA LA SUA
ATTIVITA.
DECADENZA
DELLA LETTERATURA
GRECA
CON IL TRASFERIMENTO
DELLIMPERO ROMANO
IN ORIENTE
C |
on
la caduta dellimpero romano, quando Costantino nel 395 si era trasferito a
Bisanzio, la lingua latina in Occidente scompariva completamente, sebbene alcuni vescovi o abati nel VI secolo, avessero
fondato qualche scuola per rimpiazzare quelle dei romani, dalle quali
leducazione letteraria era esclusa.
Luso
della lingua latina era andata sempre pi alterandosi e la cultura delle
lettere latine antiche era completamente scomparsa e quella greca, nel mondo
ecclesiastico era divenuta oggetto di avversione a causa delle frequenti eresie
che sorgevano in Oriente.
Bisanzio
era divenuta sede delle questioni religiose che avevano invaso il campo
intellettuale, durante diversi secoli. La letteratura greca antica aveva
trovato pochi cultori e nessuna influenza, in quanto i grandi modelli non
avevano trovato nessun ammiratore tra i personaggi di rilievo; e furono gli
stessi greci a distruggere i loro tesori letterari, nellinteresse della
religione.
Alcionio,
sulla testimonianza di Demetrio Calcondila, segnalava la disastrosa influenza
degli ecclesiastici di Bisanzio, sulla distruzione, in parte o nella totalit,
delle opere di Menandro, Difilo, Apollodoro, Filemone, Alessio, Saffo, Corinna,
Anacreonte, Minermo. Bione, Alcmane e Alceo.
Nello
spazio di pi dieci secoli, nei quali si svolgeva limpero dOriente, non si
vedeva un solo autore greco che potesse essere comparato alle glorie
letterarie dellantichit. Si incontravano
dei lessicografi, commentatori, geografi, medici, studiosi di filosofia, poeti
e romanzieri che superavano appena il livello generale; la sola storia aveva
qualche scrittore di talento.
La
decadenza letteraria della Grecia, coincideva con la sua decadenza politica;
nel settimo secolo, improvvisa, una nuova potenza, come una valanga, invadeva
il vecchio mondo: erano gli arabi; in poco tempo essi spogliavano la Grecia dei
suoi possedimenti in Asia, Africa; Alessandria, questo grande centro del sapere
greco, cadeva in loro potere (640); ad essi si attribuiva la distruzione della
celebre biblioteca fondata dai Tolomei; ma ci era inesatto in quanto una parte
era scomparsa quando la citt era stata presa da Cesare (47 a. C.) ed era
rimasto il Serapium, distrutto dal
patriarca di Alessandria, Teofilo (390), sotto limperatore Teodosio, che con
il suo selvaggio fanatismo cristiano, aveva voluto distruggere col fuoco, ci
che riteneva il frutto della idolatria
alessandrina.
Gli
arabi, nel periodo delle loro conquiste, infiammati dal loro fanatismo
religioso che ammetteva il solo libro sacro,
il Corano, come unico testo di conoscenza, avevano mostrato lo scarso
interesse per la letteratura cristiana, ma si erano mostrati sensibili per le
scienze greche e con Harun al Rashid erano iniziate le traduzioni della
letteratura greca, filosofia, medicina e scienze; per cui gli arabi con Harun
al Rashid, avevano avuto il loro periodo doro (v. Art. La scienza araba ecc.) le cui traduzioni che furono trovate a
Toledo riconquistata (1085) dai cristiani.
Pietro
il Venerabile, abate di Cluny (sappiamo che egli stesso era stato in Spagna
dove aveva iniziato a far tradurre lAlcorano),
aveva mandato suoi monaci a Toledo, affidando lincarico della traduzione a un
toledano, Pietro di Toledo, che conosceva larabo e a un monaco, Pietro di
Poitiers, che conosceva il latino, per
avere una traduzione esatta e piacevole dellAlcorano, e a due astronomi
incontrati in Spagna, uno inglese, Roberto di Ketton, arcidiacono di Pamplona e
laltro, il dalmata Ermanno.
Costoro
a Toledo si trovarono di fronte alla ricchezza del sapere umano, tradotto dagli
arabi; e grazie a questa ricchezza il medioevo pot conoscere direttamente, i
testi di Aristotele e dei medici greci, di geografia, di scienze, che furono
tradotti e finirono nelle univarsit per essere studiati (v. Articoli cit. La scienz araba ecc. P. I e II), cos
formando la cultura dellOccidente.
Dallaltro canto, linvasione musulmana, della
Grecia, aveva determinato la soppressione della lingua greca che fu limitata
alla sola Grecia propriamente detta.
La successiva conquista dei francesi nel 1204
durata fino al 1261, aveva fatto predominare la lingua francese e la vicinanza
dei costumi e del carattere tra i due popoli, aveva prodotto un tale
avvicinamento, che il papa Onorio riteneva la Morea una nuova Francia, e lo
storico guerriero Ramon Muntaner, richiamando i numerosi matrimoni tra i
principi e cavalieri greci e francesi, riteneva che la pi nobile cavalleria fosse quella della Morea dove si parlava il
francese meglio che a Parigi.
A partire dal XIVmo secolo una nuova dominazione
si abbatteva sulla Grecia; i turchi ottomani, vincitori degli arabi in Asia,
avanzavano verso lEuropa e rilevavano i lembi del patrimonio greco: tutto ci
che era stato dominio della cultura araba, passava alle orde asiatiche; la
lingua greca era minacciata nella sua stessa esistenza. Il cristianesimo,
funesto per le opere profane dellantichit, aveva dato alla letteratura greca
un nuovo periodo di gloria, grazie agli
scritti del Padri della Chiesa, salvando la lingua greca, gi alterata, da un
completo annientamento .
Il mondo aveva conosciuto i Vangeli, attraverso
la lingua greca; mentre si manteneva come lingua liturgica nella Chiesa
orientale, essa era trasferita in Occidente nel momento in cui tutta la Grecia
cadeva sotto il giogo musulmano.
LELLENISMO
DA UNA ESTREMITA
DELLOCCIDENTE
SI RIFUGIA NELLALTRA
ESTREMITA IN IRLANDA
L |
ellenismo, bandito dagli estremi confini dellOccidente,
andava a rifugiarsi nellisola dIrlanda che era sfuggita alla conquista romana,
dove lo stato delle lettere era fiorente in quanto, il misticismo, che
costituiva il fondo del carattere irlandese, li rendeva inclini alle
meditazioni filosofiche, ci che spiega lardore mostrato per le dottrine
platoniche.
Lo studio della lingua greca infatti, aveva
formato una delle basi del loro insegnamento, e, queste tendenze, poco
compatibili con la severa ortodossia del continente, erano favorite dalla
posizione geografica dellIrlanda, che non solo laveva preservata dalle
invasioni barbariche, ma laveva resa anche meno sottomessa alla vigilanza
della Corte di Roma.
Con la predilezione per la letteratura pagana,
il clero irlandese era animato da un grande zelo apostolico ed era stato dai
suoi ranghi che erano stati reclutati i pi ardenti propagatori della fede
cristiana in Occidente.
Negli ultimi anni del VI secolo, un monaco
austero, Colombano, accompagnato da dodici religiosi si era recato in Gallia,
nel regno di Borgogna, dove, duraante il regno di Gontrano (v. Art. Brunechilde e Frdegonda ecc.),
aveva fondato diversi monasteri, dei quali quello di Luxeuil era divenuto il
pi celebre.
Egli poi era andato a predicare ai bordi del
Reno, in Elvezia e in Lombardia; considerato
poeta latino di vaglia, per la sua profonda educazione letteraria, sui
grandi modelli dellantichit, soprattutto greca, i cui ricordi si riscontravano
nei suoi scritti, e la Chiesa, per i suoi meriti, lo aveva inserito nel numero
dei suoi santi.
Tutti i monaci che partecipavano alla
fondazione dellabbazia di Luxeuil, dovevano conoscere il greco; questa scienza
si affacciava gradualmente nella Gallia, al contatto del purismo romano, ma
ancora nel dodicesimo secolo, le vestigia di alcuni termini greci, si ritrovavano
nei manoscritti di questa abbazia, come testimoniava un prezioso evangelario di questepoca, opera del
suo abate, Gerardo.
Uno dei compagni di Colombano, san Gallo, aveva
fondato unaltra abbazia, divenuta celebre sotto il suo nome, dove la lingua
greca era ugualmente coltivata tra le mura del chiostro.
Le lettere greche erano penetrate dallIrlanda
nella vicina grande isola Anglo-Sassone, dove il suo successo era aumentato
quando vi era giunto Teodoro, greco asiatico, nativo di Tarso, inviato dal papa
nel 668 ad Atene, in qualit di vescovo di Canterbury.
Per mezzo delle scuole episcopali di questa
contrada (le pi celebri erano quelle di Canterbury e di York), scuole
dove si insegnavano le scienze sacre e profane e dove gli allievi, secondo la
testimonianza di Beda (Historia
Ecclesiastica), parlavano il greco, come loro lingua madre; la scuola di
York possedeva una biblioteca ricca di testi e manostritti di opere
dellantichit.
Alcuino, al quale la biblioteca era stata
affidata nel 766, in un poema latino (*), ne aveva enumerato i tesori letterari
che vi si trovavano:- Tutto ci che la
brillante Grecia ha trasmesso ai Latini, tutte le piogge divine che placano la
sete del popolo ebraico, tutte queste luci risplendenti con le quali lAfrica
ha ricoperto le sue opere e i trattati di Girolamo e Agostino ... (**).
Si pu notare che Platone non figura perch le
tendenze del clero anglo-sassone differivano da quelle del clero irlandese
Spinto dalla nobile ambizione di espandere le
luci del suo impero, dallIrlanda e dallInghilterra che Carlomagno aveva
preso insegnanti per la sua Scuola
palatina, destinata a divenire vivaio di uomini istruiti nelle scienze e
nelle lettere. Tra questi insegnanti i pi illustri erano,
langlo-saassoneAlcuino e il monaco irlandese Clemente, ambedue familiarizzati
con la letteratura antica; essi rappresentavano alla Corte imperiale due
dottrine diametralmente opposte, Alcuino, ortodosso, autoritario, si appoggiava
ad Aristotele; Clemente dIrlanda, suo successore, alquanto libero pensatore,
come i suoi compatrioti del tempo, apparteneva alla scuola neoplatonica. Questo
antagonismo andava tutto a vantaggio dei loro allievi che acquisivano una
conoscenza pi estesa dei grandi studiosi della Grecia.
Gli insegnanti irlandesi, godevano di una maggiore autorit, di quella dei loro
competitori presso Carlomagno e suoi successori. Pi istruiti nella lingua
greca dei loro vicini insulari, ad essi che occorre esser grati per la
cultura ellenica diffusa in Francia. Si detto che Carlomagno parlasse
correntemente il greco, ma ci appare dubbio; a dire di Alcuino, Eginardo era
molto istruito sulla lingua di Omero.
Il maggiore ellenista di questepoca, era Scoto
Erigena, uomo dalla sorprendente
genialit che aveva cercato di conciliare la teologia cristiana con il
neoplatonismo dAlessandria. Era venuto dallIrlanda per presiedere la
direzi0ne della Scuola palatina di
Carlo il Calvo; larditezza delle sue
dottrine filosofiche, fin per sollevare contro di lui la Chiesa latina; egli
dovette ritirarsi e lellenismo irlandese non trov pi favore a Corte.
Il
consolidamento e lestensione dellautorit pontificia causarono labbassamento
degli studi puramente letterari e nel IX secolo la separazione delle Chiese di
Oriente e Occidente ebbe una influenza decisiva sui destini degli studi greci.
A partire da questepoca, durante diversi secoli, malgrado i progressi
pressoch costanti della civilizzazione, era raro incontrare in Europa qualcuno
che fosse un poco al corrente della letteratura greca o che avesse una flebile
nozione di questa lingua.
Ma. sebbene
lo studio del greco fosse caduto nelloblio, la sua influenza non sussisteva di meno; sembra comunque che,
ai tempi in cui essa era pi trscurata, fosse glorificata da parte di coloro
che la ignoravano, ma davano limpressione di conoscerla. Si trovano, in alcuni
testi di Cicerone ed altri, delle parole greche tratte in lettere latine e la
parola τέλος (fine), si trova
spesso riportata alla fine dei manoscritti latini.
Lellenismo era scomparso in Irlanda come nel
resto dellOccidente; tuttavia Aristotele regnava maestro, ma le sue opere
erano conosciute nelle traduzioni latine che erano state fatte, in parte
dalloriginale, da Boezio e pi particolarmente dalle versioni arabe tradotte
dalle versioni siriache. sotto il regno di Aroun al Rashid, contemporaneo ed
emulo di Carlomagno.
Tutto il sapere passava per le mani esclusive
del clero, che proscriveva segnatamente gli autori profani, se non erano
eliminati; fortunatamente, unaltra porzione di clero, attenuava, senza porre
dei dubbi, questo assurdo ostracismo. I monaci benedettini, conformemente alle
prescrizioni del loro fondatore, nel copiare i manoscritti, come vedremo pi
avanti, poich san Bnenedetto non si era pronunziato sulla loro esclusione, gli
amanuensi riproducevano indifferentemente gli autori profani e gli autori sacri e nei conventi si
formarono cos collezioni di autori greci e latini che saranno ripescati al
momento opportuno.
*) Poema
de pontificibus et sanctis ecclesiae eboracensis (Poema dei pontefici e
santi della chiesa di York).
**) Attanasio, i libri di Orosio, gli insegnamenti di Greegorio Magno, di Leone, la
parola eclatante di Basilio e Fulgenzio, Cassiodoro, Giovnni Crisostomo, cie dottrine di Anselmo, il maestro Beda, Vittorino
e Boezio, gli antichi storici Pompeo e Plinio, il penetrante Aristotele e
Cicerone, il grande oratore; infine i canti di Sedulio, Juvenco. Alcme,
Clemente, Prospero, Paolino, Aratore de Fortunato, Lattanzio, Virgilio, Stazio,
Lucano, Probo, Foca, Donato, Prisciano, Servio, Euticio, Comminiano.
PRIMORDI
DELLA LINGUA
GRECA
INTRODOTTA
IN IRLANDA
D |
opo la definitiva
separazione dellimpero dOccidente (395), Costantinopoli divenne la sede delle
questioni religiose e delle eresie, che invasero il campo intellettuale durante parecchi secoli ( v. in Art. I mille anni dellimpero bizantino e in
Schede S. Filioque ecc.).
La
letteratura greca antica trov pochi
ammiratori e non ebbe pi influenza perch i suoi grandi modelli non ispiravano
pi i grandi studiosi. Per di pi gli stessi greci con i divieti religiosi, avevano
distrutto i loro tesori letterari. Come abbiamo visto, i preti di Costantinopoli,
avevano distrutto la totalit delle opere di Menandro, Difilo, Apollodoro, ecc. .
Nello
spazio di dieci secoli di esistenza dellimpero dOriente, non si era visto un
solo scrittore che avesse potuto essere paragonato alle glorie letterarie
dellantichit; non vi erano che lessicografi, commentatori, geografi, medici,
filosofi, compilatiori, poeti e romanzieri, che sorpassavano di poco il livello
generale e per la storia si trovava solo qualche scrittore di talento. La
decadenza letteraria della Grecia, coincideva con la diminuzione successiva
della sua importanza politica (Amboise-Firmine Didot, Alde Manuce et lHellenisme Venise, Paris 1875).
Nel
settimo secolo sorgeva allimprovviso, come una valanga, una nuova potenza che
invadeva il vecchio mondo: gli arabi che in poco tempo spogliavano i greci dei loro possedimenti in
Asia e Africa.
Alessandria
(prosegue Firmin-Didot), questa gran fucina del sapere greco, cadeva in loro
potere (640); a loro si attribuiva la distruzione della celebre biblioteca
fondata dai Tolomei, ma ci inesatto in quanto una parte era scomparsa a
causa delle fiamme della citt quando Cesare le aveva dato fuoco; in questa
circostanza, si era salvato il Serapeo,
distrutto sotto limperatore Teodosio (390) con il tempio di Serapide, sotto listigazione del patriarca di Alessandria,
Teofilo, per il suo proselitismo selvaggio
con cui volle imporre agli alessandrini,
con il ferro e il fuoco, il culto cristiuano.
Questo
stesso fanatismo religioso sar ereditato dagli arabi, che non ammettevano che
un solo libro, il Corano, mostrandosi poco favorevoli alla letteratura greca; mentre si mostrarono favorevoli alle scienze,
di cui, con le traduzioni, trasmisero tutta la loro ricchezza (v. in Art. La sciena araba alle origini della cultura
Occidentale).
Lilluminato
califfo Harun al Rashid (cit. Art.), fece tradurre opere letterarie greche e
limpulso che aveva dato, permise agli arabi di essere i primi nelle scienze.
Il
califfo al-Mutawakkil (VIII sec.) a Bagdad aveva dato una stretta alla
ortodossia dando ordine che fossero dati alle fiamme tutti i libri filosofici
di Avicenna e dei Fatelli della sincerit. Nel 1194 lemiro Abu Yusuf
Yaqub al-Mansur, a Siviglia, aveva ordinato che fossero bruciati tutti i libri
di Averro, ad eccezione di alcuni di
scienze naturali; proibiva ai sudditi di riprendere gli studi di filosofia e li
esortava a gettare nel fuoco qualsiasi libro di filosofia.
La
ortodossia, posta con la fede a
fondamento della sua dottrina, Abu Hamid al-Ghazali (1058-1111), fin per
prendere il sopravvento sulla filosofia e gli effetti che ne derivarono furono
ben diversi dai principi enunciati, perch la sue dottrine, se pur moderate,
erano state male intese (ed esasperate); con la conseguenza che avevano portato
alla distruzione della tolleranza e
della libert, di cui fino a quel momento aveva goduto lintero Islam.
LIslam aveva
avuto i suoi Leonardo, lUmanesimo e il Rinascimento, i Bacone (Ruggero e
Francesco), i Cartesio, andando oltre con i Voltaire. i Diderot e
lIlluminismo, i precursori di Rousseau e Nietzsche, con menti eclettiche che primeggiavano
contemporaneamente nelle scienze, nella medicina, nella matematica,
nellastronomia, nella filosofia e nella poesia, quando lEuropa era ancora avvolta
nel buio della barbarie.
Dopo aver
raggiunto questo alto grado di civilt, lIslam era caduta nellintolleranza,
anticipando nei metodi, ci che
avrebbero fatto i cristiani in Europa
alcuni secoli dopo, facendo ricorso allInquisizione.
Ora
lIslam divenuto oscurantismo ed causa di continua lotta e fermenti contro
la pace nel mondo! (**)
Tornando
al nostro argomento, la successiva invasione musulmana dei paesi greci port
alla soppressione della lingua ellenica che si mantenne solo nella Grecia
propriamente detta, dove, dopo la conquista francese (1204-1264), particolarmente
in Morea (era il Peloponneso, cos detto perch aveva la forma della foglia del
gelso), divenne predominante la lingua francese per i matrimoni incrociati che
vi ebbero luogo.
A
partire dal quattordicesimo secolo (prosegue Firmin-Didot) i turchi ottomani,
vincitori degli arabi in Asia, avanzarono verso lEuropa; la lingua greca era minacciata
nella sua stessa esistenza.
Il
cristianesimo, funesto per le opere profane, aveva dato alla letteratura greca
un periodo di gloria, con gli scritti dei Padri
della Chiesa che salveranno la lingua greca, gi fortemente alterata, da un
completo annientamento.
Il
mondo aveva conosciuto i Vangeli, nella Chiesa orientale, attraverso la lingua
greca; trasportata in Occidente nel momento in cui tutta la Grecia era caduta
sotto il giogo dei musulmani e lellenismo, bandito dal continente occidentale,
and a rifugiarsi allaltro estremo dellOccidente, nellIrlanda, scappata alla
conquista romana.
Lo
stato delle lettere era fiorente dopo secoli, grazie allo zelo dei Druidi che
avevano importato i loro lumi dai Galli. Convertiti al cristianesimo, gli
irlndesi si legarono al proselitismo sacro di cui parla Beda
nella sua Storia Ecclesiastica.
Il misticismo che costituiva il fondo del
carattere irlandese, li rese inclini alla meditazione filosofica, ci che
spiega il loro ardore per le dottrine platoniche: lo studio della lingua greca,
formava quindi una delle basi del loro
insegnamento.
Queste
tendenze, poco compatibili con la severa ortodossia del continente, erano favorite dalla posizione geografica
dellIrlanda, che laveva preservata dalle invasioni barbariche e la rendeva
sottomessa alla vigilanza della Corte di Roma.
Professsando
la loro predilezione per la letteratura pagana, il clero irlandese era animato
da un grande zelo apostolico e tra suoi ranghi si reclutavano i pi ardenti
propagatori della fede cristiana in Occidente.
Negli
ultimi anni del VI secolo, un monaco austero, Colombano, accompagnato da dodici
religiosi, si era recato dallIrlanda in Francia, e con il permesso del re borghignone
Gontrano, innalzava diversi monasteri, tra i quali labbazia di Luxeuil, che in
seguito divenne famosa, per poi portare il vangelo ai bordi del Reno, in
Svizzera e in Lombardia (v. cit. Art. Brunechilde e Fredegonda, ecc.).
La
Chiesa, riconoscente per il suo apostolato, lo poneva nel numero dei suoi
santi; la letteratura si onorava di possedere in lui il pi grande poeta latino
del suo tempo e questa gloria, Colombano,
la doveva alla sua profonda educazione letteraria, soprattutto greca, sui
modelli dellantichit, i cui ricordi si ritrovano sparsi sotto la sua penna.
Tutti
i monaci che parteciparono alla fondazione dellabbazia di Luxeuil, dovevano
conoscere il greco; questa scienza si
affacciava gradualmente in Francia a contatto con il purismo romano, ma ancora
nellXI sec. se ne trovava vestigia di qualche motto greco nei manoscritti,
redatti in questa abbazia. come testimoniato da un prezioso evangelario di
questa stessa epoca, opera del suo abate Gerardo.
Uno
dei confratelli di Colombano, canonizzato sotto il nome di San Gallo, aveva
fondato unaltra abbazia, ugualmente celebre che portava il suo nome, dove era
coltivata la lingua greca, ma i suoi echi erano rimasti entro le mura del
convento.
Le
lettere greche erano penetrate in Irlanda, provenendo dalla vicina grande isola
degli anglo-sassoni e la loro espansione ebbe luogo dopo la venuta di Teodoro, greco asiatico,
nativo di Tarso, educato ad Atene e inviato (668), dal papa Vitaliano, in
qualit di arcivescovo di Canterbury.
In
queste scuole episcopali (Canterbury e York) si insegnavano le scienze sacre e
profane e gli allievi (secondo la testimonianza di Beda), parlavano facilmente
il greco come lingua materna; la scuola di York, possedeva una biblioteca ricca
di manoscritti di opere dellantichit.
Alcuino
(735-804) al quale (dopo il 766) era stata affidata la direzione, enumerava (nel Poema de pontificibus et sanctis de Ecclesiae Eboracensis), i
tesori letterari che vi si trovavano (*). Tra di essi non vi figurava Platone,
in quanto le tendenze del clero anglo-sassone erano differenti da quelle irlandesi.
Spinto
dalla nobile ambizione di espandere i lumi del sapere nel suo impero, dallIrlanda
e Gran Bretagna che Carlomagno importava gli insegnanti per la sua Scuola palatina, destinata a divenire un
vivaio di uomini istruiti nelle scienze e nelle lettere, primo fra tutti
Alcuino (v. in Art. Carlomagno e lidea
dellEuropa).
Con
Alcuino, presso la Scuola palatina
primeggiava anche il monaco Clemente; ambedue familiarizzati nelle lettere
greche, rappresentavano nella Corte imperiale due dottrine diametralmente
opposte. Alcuino, ortodosso autoritario si appoggiava ad Aristotele; Clemente
dIrlanda, suo successore, alquanto libero pensatore, apparteneva alla scuola
neoplatonica. Questo antagonismo andava a vantaggio degli allievi che acquistavano
una conoscenza pi estesa dei grandi scrittori della Grecia.
I
professori irlandesi godevano di una autorit maggiore dei loro competitori
presso Carlomagno e presso i suoi successori: a dire di Alcuino, Eginardo era
molto istruito sui canti di Omero.
Il
maggior ellenista di questepoca era Giovanni Scoto Eriugena (o Erigene), uomo
di sorprendente genialit, che cercava di conciliare la teologia cristiana con
il neoplatonismo di Alessandria; giunse dallIrlanda per prendere la direzione
della Scuola palatina, alla Corte di
Carlo il Calvo. Larditezza delle sue dottrine filosofiche fin per sollevare
contro di lui la Chiesa latina (i suoi libri saranno messi nellIndex Librorum Prohibitorum); egli
dovette ritirarsi e lellenismo irlandese non trov pi aria favorevole a
Corte.
Il
consolidamento e lestensione dellautorit pontificia portarono allabbassamento
graduale degli studi puramente letterari e nel IX secolo, la sepaarazione della
Chiesa dOriente e dOccidente ebbe uninfluenza
decisiva sul destino degli studi greci.
A
partire da questepoca, durante diversi secoli, malgrado il progresso quasi
costante della civilizzazzione, era raro trovare in Europa, qualcuno che fosse
al corrente della
letteratura
greca o fosse poco al corrente di una qualsiasi nozione di questa lingua.
Ma
bench lo studio del greco fosse caduto nelloblio, la sua influenza non
sussisteva meno; sembra che si facesse ugualmente onore nel tempo in cui era
ignorata. Firmin-Didot, afferma che in un manoscritto latino di Cicerone ed
altri, aveva trovato dei motti greci, scritti in lettere latine, di cui lo
storico riportava degli esempi.
LEllenismo
scomparve in Irlanda come nel resto
dellOccidente. Tuttavia Aristotele vi regnava maestro, ma le sue opere non
erano conosciute che nelle traduzioni latine fatte in parte, sulloriginale da
Boezio e pi particolarmente, dalle versioni arabe eseguite su delle traduzioni
siriache, sotto il regno e per ordine di Harun al Raschid, contemporaneo di
Carlomagno (v. in Art. La scienza araba alle origini della civilt europea).
Tutto
il sapere passava sotto lesclusivo dominio del clero che aveva segnatamente
proscritto le opere di autori profani, se non erano state distrutte; ma per
fortuna, una parte del clero, aveva
attenuato questo assurdo ostracismo.
I
monaci benedettini, conformemente alle prescrizioni del loro fondatore, impiegavano
il loro tempo libero a copiare i manoscritti; e poich san Benedetto, vissuto
nel VI secolo, epoca in cui la cultura dellantichit era ancora in favore, non
si era pronunciato sulla loro esclusione, i suoi discepoli riproducevano
indifferentemente gli autori pagani e quelli sacri.
Si
formavano cos nei conventi delle collezioni preziose di autori greci e latini,
grazie alle quali si erano riservati degli strumenti di lavoro per quando
suoner lora del risveglio.
*)
Alcuino, nel suo Poema de pontificibus
et sanctis Ecclesiae Eboracensis cos si esprimeva: Tutto ci che la brillante Grecia ha trasmesso ai latini, tutte le
piogge divine che placano la sete del popolo ebreo, tutte queste luci
splendenti che hanno ricoperto lAfrica, i trattati di Girolamo, Agostino,
Attanasio. il libro di Orosio, le parole eclatanti di Basilio e di Fulgenzio,
Cassiodoro, Giovanni Crisostomo, le dottrine di Altelmo, del maestro Beda, di
Vittorino e di Boezio, gli antichi storici Pompeo e Plinio, il penetrante Aristotele
e Cicerone, il grande oratrore; infine i canti di Sedulio, Juvenco, Alcime,
Clemente, Prospero, Paolino, Aratore, Fortunato, Lattanzio, Virgilio, Stazio,
Lucano, Probo, Foca, Donat, Prisciano, Servio, Euticio, Comminiano.
LA
BARBARIE DEL REGIME IN IRAN E LA
DEBOLEZZA DELLU.E INCOMPIUTA
**)
Ai giorni nostri la barbarie religiosa derivante da puro e ingiustificato fanatismo,
si sta rinnovando in Iran, in maggioranza sciita, paese di antica civilt,
caduto in un rigoroso, antistorico e brutale fanatismo religioso, che per opera
dell ayatollah Khomeyni, da quando
al potere, sta comducendo una brutale
falcidia di giovani, ragazze e ragazzi, che chiedono solo la libert di vivere
la loro giovinezza.
In
particolare, le ragazze chiedono di liberarsi dal velo, indice delloppressione
maschilista e per protesta tagliano i loro folti e bei capelli, conducendo a
questo modo, la loro rivoluzione, combattuta
con metodi medievali: frustate (74 frustate alla curda Roya Heshmati per
essersi fatta fotografare senza hijab!) e giornaliere impiccagioni. Khomeyni si
serve della c.d. polizia morale, formata
da assassini e stupratori che, senza un minimo di rispetto per la persona e
vita umana, stuprano le giovani ragazze e le feriscono mirando principalmente agli
occhi.
Tutto
ci, nel silenzio delle organizzazioni intenazionali come, l ONU, dove, ironia
della sorte, la Presidenza per i Diritti Umani stata assegnata (2023) a un iraniano!
Non
solo. ma lIran sciita, per mezzo degli Huthi che si sono impadroniti dello
Yemen, sta conducendo una subdola lotta contro lOccidente con la pirateria del
Mar Rosso, che sta sconbussolando il sistema dei trasporti, con le navi container costrette a compiere il
periplo dellAfrica, per recarsi direttamente ai porti del Nord, con grave danno per leconomia dellintera Europa e in
particolare dellItalia.
Purtroppo
la U.E. che ci rappresenta, debole e in
settantanni dalla sua costituzione ancora incompiuta e non riuscita
a darsi una autonomia di governo, mancando delle istituzioni che la renderebbero autonoma, vale
a dire, un Governo con i suoi ministri e unaa propria politica estera, un
Parlamento che lo elegge e un esercito per la propria difesa.
Mal
governata da cinque anni da una Presidente del tutto inadeguata, riconfermata
per altri cinque anni, facile prevedere che neanche una di queste istituzioni
sar realizzata.
Per
di pi, al suo interno bersagliata da ciascuno dei ventisette paesi che la
compongono, tra i quali manca una uniformit di vedute e una coesione e ognuno
difende i propri interessi nazionali a scapito della sua indipendenza.
Certamente non erano questi i presupposti su cui lU. E. era stata fondata che
erano di carattere federale e non confederato, come invece ora vogliono i c.d.
sovranisti.
Con
questo esasperato nazionalismo, che
tale il sovranismo, lU.E. condizionata
dallo zoccolo duro dei Paesi dellEst, capeggiati dallUngheria di Victor Orban,
il quale, mentre da una parte rastrella tutto il danaro che pu per gli aiuti da
essa erogati, dallaltra si oppone a tutte le decisioni poste in votazione
(approfittando del diritto di veto che, anacronisticamente ancora
riconosciuto ai Paesi partecipanti); essendo la sua politica chiaramente antieuropea,
dovrebbe essere estromesso dallUnione senza ulteriori esitazioni.
Oltretutto
sono in attesa di entrare altri dieci
paesi dellarea balcanica, i quali, dopo la sanguinosa guerra degli anni
novanta, sono ancora in continuo fermento per gli stessi motivi nazionalisti etnico-religiosi, che lavevano
determinata (per non parlare dellAlbania nelle mani della criminalit):
purtroppo le religioni invece di portar pace e amore, portano odio eccidi e
guerre sanguinose.
Poich
questi Paesi, non sono riusciti a raggiungere un equilibrio di convivenza, nelle
attuali condizioni in cui si trova la U.E., il loro ingresso costituirebbe un grave
iattura per lunione.
E,
mentre incombono i pericoli dellIslam, dellimperialismo russo e linvadenza
mondiale del narco-traffico dellAmerica Latina, in preparazione un nuovo
Ordine Mondiale, post-occidentale che lEuropa dovr prepararsi ad affrontare, se
non vorr soccombere definitivamente; ed essendo sempre vissuta allombra degli
USA. non sappiamo se sar in grado di farlo!
IL CRISTIANESIMO
IN IRLANDA E LE
SCUOLE
IRLANDESI
I |
l
cristianesimo era stato introdotto in Irlanda allinizio del V secolo da san
Patrizio (385-461), lapostolo dIrlanda,
il quale, prima di Colombano (540-615), aveva incominciato a distruggere il
culto pagano dei druidi (v. cit. Art.
Brunechilde e Fredegomda ecc.). Lopera
di conversione aveva trovato terreno favorevole ed era avanzato rapidamente e i
conventi erano stati innalzati prima di san Benedetto (480-547); poi il
cristianesimo era avanzato in Scozia, sua patria dorigine.
Santa Brigida (1303-1373), dal suo canto,
innalzer monasteri femminili cominciando dalla badia di Kildora e cos
lIrlanda fu denominata lisola dei santi.
Teodoro, arcivescovo di Canterbury, spedito in Inghilterra con labate Adriano, oriundo dellAfrica che
lo accompagnava, contribu alla espansione del cristianesimo anche in Gran
Bretagna dove la scuola di Canterbury divenne la prima in Europa, diffondendo
la lingua latina e greca, parlate unitamente al volgare materno.
In
questo periodo, anche in Gran Bretagna emergeva la figura di Beda il Venerabile
(673-735) che con le sue cognizioni enciclopediche (nei suoi scritti si trovano
citazioni di Plinio il Giovane, Lucrezio, Orazio, Ovidio e altri autori
classici), nel monastero di san Pietro e Paolo a Wearmouth e a Jarrow nel
Northamberland, favoriva la gloria letteraria dei suoi contemporanei, quali il
monaco Adhelm (Adelmo, ne In nome della
Rosa), discepolo di Adriano e superiore a Beda come poeta e giureconsulto.
Mentre a York, troviamo Alcuino (detto di York), dovera nato, (735 c.ca-804), che
fu capo vescovile di quella citt e il vero
restauratore degli studi nellimpero di Carlomagno (v. in Art. Carlomagno e lIdea dellEuropa) .
La storia delle scuole irlandesi (scriveva
Firmin-Didot) purtroppo oscura e ci che si conosce crea maggior meraviglia: nel
VI secolo, come abbiamo visto, vi era una regione del mondo antico, dove la tradizione
delle lettere latine e greche si era conservata e dove una moltitudine di
giovani cristiani era circondata da maestri che insegnavano a comprendere Omero
e Virgilio, e questa regione era lIrlanda.
Non si conosce, nelle origini della scienza
moderna (scrive B. Haurau, Ecole Irlandaise. Paris 1861), un avvenimento di
simile portata, ma cerchiamo di sapere chi furono i precettori di questi
irlandesi.
Giovenale attesta che i Galli trasmisero ai Bretoni i precetti
della retorica: Gallia causidicos
docuit facunda Britannos: E si ha motivo di ritenere che essi
attraversarono lo stretto che separa le due isole, portati dai Bretoni, che li
passarono agli Scoti irlandesi.
Vediamo quindi, nei tempi antichi, qualche
giovane Scoto giungere in Gallia e frequentare le migliori scuole, per poi
tornare nella terra natia, non meno ricca di scienza, per far godere ai compatrioti
simile ricchezza.
Vi era un Gallo-Romano, formatosi nel monastero
di Lrin, san Patrizio che aveva convertito lIrlanda alla fede cattolica e questo
apostolo, verso la fine della sua vita, aveva inviato presso i Galli il suo
discepolo preferito, san Olcan, affidandogli una missione tutta letteraria.
Olcan aveva attraversato il mare affrontandone i pericoli, per andare ad
ascoltare i dottori dei Galli, facendosi iniziare ai segreti pi intimi della
scienza, sia sacra sia profana, tornando sulle rive dellErin per aprire delle
scuole pubbliche scholas publicas
per linsegnamento comune dei vescovi e dei monaci irlandesi: si era a met del
V secolo.
Diverse popolazioni barbare avevano invaso e
saccheggiato la Gallia; solo qualche citt si era potuta salvare dalla completa
devastazione, protetta da misteriosa fortuna. La citt pi letteraria
dellOccidnte era Marsiglia; allinizio del V secolo; Nestorio aveva scritto
una lettera in greco al papa Celestino I (422-432), il quale il greco non lo conosceva
e non avendo tra il clero latino chi potesse soccorrerlo, era stato chiamato un
interprete da Marsiglia.
Alla fine del VI secolo, in tutto il territorio
dal Reno ai Pirenei era penetrato il flagello della barbarie; solo lIrlanda era stata salvata
dallinvasione, dal mare che la circondava. Ma la sua tranquillit non era
stata assoluta in quanto principi rivali, spesso vi si scontravano combattendo.
Durante queste lotte civili, gli studi
languivano; fu nel 795 che i Danesi sbarcarono per la prima volta sulle rive
dellIrlanda e fino alla fine dellVIII secolo il tesoro dellerudizione
conservato dai Galli e dagli Scoti, pagani e cristiani, fu preservato da ogni
pericolo di dispersione, mentre nel resto del mondo romano, era travolto dalla
violenza delle conquiste, fino al punto che le regole della grammatica latina erano
state dimenticate, mentre le scuole dIrlanda rimanevano intatte e fiorenti e
maestri famosi discettavano davanti a una numerosa giovent, non solo di
eloquenza e poesia latina. ma di grammatica e filosofia greca. Era lultimo
asilo delle lettere.
Con la
tesimonianza di Beda, se qualche nobile bretone fosse stato curioso di
sottrarsi al giogo dellignoranza, attraversava lo stretto e andava a studiare
in Irlanda e ben istruito, tornava in patria; egli appunto, racconta di gilvin, che pi
tardi fu vescovo di Lincoln: Hiberniam
gratia legendi adit, et bene instructus patriam rediit. Alfredo, re di
Nortthumbria, sebbene fosse re, non potendo riunire attorno a s degli abili
maestri, fece lo stesso
pellegrinaggio con lo stesso scopo.
Per divenire saggio, un sapiente che fosse avido di
questa gloria, doveva passare qualche tempo in Irlanda:
.............................................
Scottorum qui tum versatus incola
terris
Clestem intento spirabat corde
sopfhiam.
Cos si esprime, parlando
di Alfredo, il biografo di san Cutberto; questo
poema si suole attribuirlo a Beda, ma esso certamente di un Bretone, non di
uno Scoto; uno Scoto, lettore assiduo di Virgilio e Ovidio, non avrebbe mai
violato a questo modo, le regole della prosodia latina (!).
Verso lo stesso tempo, dei monaci
Galli si fecero condurre sulle coste dIrlanda per chiedere ai loro vecchi
allievi la scienza che essi avevano perduto.
Beda si esprimee cos con
Agilberto: Legendarum gratia
Scripturarum, in Hibernia non parvo tempore demoratus (La grazia delle leggende
delle scritture, non aveva avuto limitata dimora in Irlanda).
Quando Agilberto apparcve
sul continente verso lanno 664, meravigli talmente la Chiesa dei Galli per la
vastit delle sue conoscenze, che alla morte di Importunio, essa si premur di
nominarlo vescovo di Parigi.
Il bretone Adelmo si sent celebrare,
verso la fine del VII secolo, la letteratura dIrlanda: Le flotte trasportavano
legioni di studenti bretoni catervatim
istinc lectores classibus adecti confluunt. E pi oltre: Hiberni rus discentium opulens vernansque pascuosa
numrositate lectorum, quemadmodum poli cardines astriferis micantium ornatur
vibrabinibus siderum! (LHibernia dinverno era ricco di
cultura e in primavera abbondante di studenti come i cardini delle stelle sono
ornati dalle vibrazioni degli scintillii delle stelle). Non questa enfasi?
La storia sembrava essa stessa ugualmente enfatica, quando parlava
delle scuole dHy, di Lismore. di Bangor. di Clonfert, di Clonard e di Armagh,
dove dicono, si trovassero riuniti settemila scolari!
Ma si conoscono meno i maestri irlandesi nella loro patria che
sul continente.
COLOMBANO
ESPULSO DALLA GALLIA
DA BRUNECHILDE
PER LAFFRONTO SUBITO
D |
alla fine del VI secolo alla fine del IX, lInghilterra, la
Gallia, la Germania, lItalia e la Spagna ebbero numerosi missionari
provenienti dallIrlanda. Erano dei poeti, eruditi, monaci stranamente anziani,
che confondevano lapostolato letterario che agitava la Chiesa continentale, con
la novit dei loro discorsi e presto furono dappertutto respinti, dopo essere
stati accolti con grande favore, non omettendo di lasciar traccia del loro
passaggio nei luoghi in cui essi erano apparsi per qualche istante.
Uno dei primi e il pi illustre di questi apostoli era Colombano,
poi santificato, allievo del ginnasio monastico di Bangor. Allet di
trentanni, con religiosi della sua nazione, si era recato nelle Gallie per cercare
posti solitari e avendo il gusto per la
natura selvaggia, istintiva per gli irlandesi, si fermarono tra le gole
dei Vosgi; fu l che fra le aspre rocce, sotto un sole che illuminava i ricchi
avanzi della civilt romana, elevarono i monasteri di Annegray, Fontaines e
labbazia di Luxeuil, che doveva divenire una delle pi considerevoli di tutta
la Gallia e, come dichiaravano diversi diplomi papali e reali, la pi libera, la pi gelosa, la pi fiera
delle sue libert.
Ai piedi
dei Vosgi sul limite che separa il regno d'Austasia da quello di Borgogna non
essendovi altri abitanti che bestie feroci, con i resti di una citt oltremodo
fiorente fondata dai celti, restaurata dai romani, arrricchita da acque calde,
Luxeuil, era ridotta a un mucchio di ceneri. Ad alcune miglia pi ad est vi era
un vecchio castello in rovna dal nome di Annegray (Anagrates) attorno al quale
l'occhio non vedeva che foreste e rocce sterili: esattamente ci che cercava e
Colombano vi si stabil con i suoi compagni.
Annegray
con Luxeuil, apparteneva al regno di Borgogna, e nel 590 regnava Gontrano, che
mor il 593; in questanno i monaci erano duecento (!), tra questi molti
divennero vescovi, a loro volta costruttori di monasteri, tutti, come abbiamo
detto, santificati; nelle vicinanze era stato costruito il monastero di
Fontaines, a tre miglia da Luxeuil, come dice il nome, ricco di acque. A causa
dellincessante aumento del numero dei monaci a Luxeuil, seguiva il monastero
di Surius; fu a questo punto che Colombano aveva sentito la necessit di dare
una regola ai monaci e componeva la Regola e il Penitenziale.
Il lavoro
occupava la maggior parte del tempo dei monaci ed era dedicato allagricoltura:
la terra ricoperta di rovi e di spine era trasformata nelle belle campagne che si
ammiriavano in seguito, frutto di laborioso travaglio; bene ricordare che
queste centinaia o migliaia di monaci avevano creato da una parte lagricoltura
e dallaltra le biblioteche conservate con il duro lavoro degli amanuensi (che come
ricordavamo in altra parte, avevano scritto: due sono le dita che scrivono ma tutto il corpo che duole!),
diffondendo la cultura in Europa.
Maestri
abili e istruiti insegnavano ad allievi che arrivavano da tutte le parti, sulla
base delle Scritture e dei Padri, lumanesimo e le arti liberali, la geometria,
la retorica, la poetica la matematica. la grammatica ed altro; erano tollerati
gli autori profani, escludendo le oscenit: Gregorio Magno aveva scritto che la stessa bocca non pu cantare nello stesso
tempo le lodi di Cristo e di Giove.
Qualche tempo dopo (595), Colombano era stato invitato a recarsi
alla Corte di Gontrano (come detto, morto
il 593), dove regnava il giovane Thierry (Teodorico) II, ma dominava Brunechilde su di una Corte dissoluta, il cui
esempio, per primo, era dato dallo stesso re.
Quando Colombano vi era giunto, il re era a pranzo con i suoi convitati e lo invitava a sedersi a
tavola e gli veniva offerta una coppa di vino; ma Colombano rifiutava di
partecipare al banchetto, rompendo la
coppa e gettando il vino perch proveniente dalle impure mani di un adultero; egli
rimproverava al re il disprezzo che aveva verso la legittima sposa e la vita
sregolata che conduceva fra le concubine. Quando Brunechilde gli aveva
presentato i due figli di Thierry, chiedendogli di benedirli, Colombano si era
rifiutato, negando la benedizione.
La regina gli chiedeva il motivo del rifiuto e Colmbano rispose che lo negava pech erano nati dalle dissolutezze del padre
con le concubine. Ci feriva Bunechilde per essere stata lei a prendersi cura
dei figli di Thierry; lei, (scrive Haureau) era circondata da una truppa di
cortigiani; era stata lei a corrompere i costumi della Corte e con questo
odioso artificio era lei a regnare e governare la Corte e il regno, continuando
liberamente nella serie dei crimini (*).
Colombano in una lettera a Thierry, aveva anche minacciato la
scomunica e gli aveva espresso le pi
oltraggiose espressioni che avevano reso furiosa Brunechilde che istigava il
nipote contro Colombano, dicendogli che era evidente che pretendeva di regnare
al suo posto. La regina chiedeva al nipote, che Colombano fosse espulso dal
regno (questa sua reazione ci sembra piuttosto generosa per il carattere di
Brunechilde, facile allira e alla eliminazione fisica nei suoi avversari! ndr.).
Erano lettere versibus
plenas piene di sferzate, come le chiama il monaco Ionas,
cronista della sua vita; Thierry rispose di non essere tanto stolto da
procurargli la corona del martirio e ordin che fosse prelevato dal convento e
condotto in Irlanda.
I soldati che dovevano eseguire questordine - a cui si vuole che
Brunechilde ne avesse aggiunti altri pi severi - gli si
accostarono in ginocchio e il viaggio
di Colombano da Luxeuil fino al mare fu una specie di trionfo da parte del popolo,
che ammirava la sua santit, ritenendo che avesse il dono della profezia e dei
miracoli.
Giunto nelle terre di Clotario II, Colombano rinunciava a tornare
in Irlanda e con i compagni san Gallo, Magnoaldo, Teodoro, irlandesi come lui,
si recarono in Germania, diretti alle rive del lago Costanza per combattere gli
dei dellantica Germania; poi attraversando le Alpi, giunsero in Lombardia per
costruire il convento di Bobbio, dove Colombano (615) fiiva i suoi giorni.
*) Il comportamento di Colombano sembra piuttosto temerario, ma
occorre tener presente che i cronisti, questi personaggi santificati li
descrivevano a questo modo per motivi edificanti.
GLI ANTICHI MONACI
IRLANDESI
INDIPENDENTI
DALLA CHIESA ROMANA
U |
sher (autore di Sylloge)
e Augustin Thierry, sostenevano che gli antichi monaci irlandesi vivevano con
la Chiesa romana in una indipendenza che rasentava leresia: Lanigan, Moore e
M. Oznam, garantivano che i loro sentimenti fossero ortodossi. Occorre
osservare, che questi monaci isolani, seguivano un genere di vita poco conforme
alle pratiche dei monaci di Francia e dItalia e che su molti punti della
dottrina religiosa, essi professavano delle opinioni assolutamente opposte a
quelle dei cattolici romani.
Quando nel IX secolo Luigi il Buono, percorreva la Bretagna,
alcuni monaci del Landevenech gli andarono incontro; erano vestiti in maniera
bizzarra e Luigi non dissimul la sorpresa avuta nellosservarli. Essi
risposero di aver ricevuto le loro tradizioni monastiche degli Scoti irlandesi.
Ma tutto ci che poterono dire per giustificarsi, non pot soddisfare il re
cattolico, che comand loro formalmente di abbandonare il loro pelo di bestie,
la loro tonsura, la loro regola sospetta di paganesimo e attenersi alle
prescizioni di san Benedetto.
E stata conservata la regola di san Colombano; essa pareva
essere stata fatta da una confraternita di filosofi. Non era un manuale di
pratica ascetica, ma una raccolta di austere sentenze, improntata ai libri
morali della Bibbia e ai diversi formulari delletica stoica.
Le sottigliezze della disciplina romana, le sue esigenze cautelari
che comprimevano tutti gli slanci della fede e regolavano tutte le forme della
devozione, a san Colombano erano rimaste interamente sconosciute. E da aggiungere
che questo illustre confessore e con lui i chierici irlandesi, ad alta voce
professavano, tanto sulla celebrazione della Pasqua, quanto sulle cerimonie del
battesimo, delle opinioni censurate dalla Corte di Roma e lungi dal farsi
piegare da queste censure, essi avevano risposto con considerazioni altere e
amare.
La vostra potenza
aveva scritto Colombano al vescovo di Roma,
durer fino a quando la vostra
ragione sar dritta; una proposizione hiberniana: la ragione larbitra stessa della fede; ma non insistiamo ulteriormente
su certe differenze dottrinarie; la differenza che esiste tra il gusto
letterario delle scuole irlandesi e le scuole romane ben pi notevole.
A Roma e nei paesi dove domina lo spirito romano, i ricordi
dellantichit pagana sono esecrati: Se
si cerca negli antichi manoscritti, per distruggerli o per evidenziarne i
caratteri e tracciare sugli stessi veleni di preghiere, di leggende sacre. Si
ordina ai neofiti cristiani di fuggire limpuro contatto dei poeti profani.
San Paolino di Nola diceva al suo maestro Ausone, Queste Muse che ho abbandonato perch esigo, o padre mio, che esse
rientrino favorevolmente in me? I cuori votati a Cristo rifiutano le Muse e
sono ferme ad Apollo... Le occupazioni frivole e gli agi e gli affari e una
letteratura piena di favole, tutto ci ci interdetto da Dio: obbedire alle
sue leggi, contemplare la sua luce che oscura gli artifici dei sofisti, larte
dei retori, le finzioni dei poeti, ecco il nostro dovere.
Uno dei papi pi versati nella conoscenza delle Sacre Scritture,
san Gregorio Magno, osava scrivere a un vescovo: Fratello, ho appreso ci che non posso ripetere senza dolore e onta,
che avete creduto dover insegnare la
grammatica a qualcuno; apprendete come sia grave quanto orrendo (quam grave nefandumque) che un vescovo tratti queste cose, che un
laico deve ignorare !.
Ora, non solamente san Colombano aveva preso cura di studiare la
grammatica con i migliori maestri, ma egli era venuto sul continente per
insegnarla ai rudi compagni del re Gontrano, proponendosi di addolcire i loro
costumi, coltivando i loro spiriti. Ma vi di pi, Colombano oltre che essere
santo, il pi grande poeta del suo tempo. I suoi versi non avevano n la
cadenza, n il movimento, n il vigore ingenuo dei versi antichi; ma almeno erano
puri, corretti e facili, qualit ben rare nel VI secolo.
Come san Gregorio, quanto san Gregorio (la Chiesa li ha
riconosciuti associandoli luno allaltro nella falange dei Beati), san
Colombano un misssionario cristiano, ma egli concepiva la sua missione
raccomandando la lettura degli antichi poeti, quanto quella degli antichi Padri
e invocando lautorit di Giovenale con lappoggio delle massime evangeliche.
Egli aveva scritto unode che indirizzava al suo amico Fedolio, pagano e a
imitazione dei greci, cercava di riprodurre gli accordi con la dolce lyra, non
quelli della galante lesbiana, lillustre Saffo.
A questo culto per le lettere latine e greche (prosegue Firmin-Didot),
vogliamo associare tutti i dottori irlandesi contemporanei di Colombano; ricordando,
qualcuno di essi come san Roding, monaco
di Tholey, fondatore di Beaulieu in Argonne e san Furcy, fondatore di Lagny che
ci ha trasmesso alcuni versi di san Livino. vescovo dIrlanda, che predicava la
fede cristiana ai Galli e mor alla maniera degli antichi confessori.
Si conoscono i versi del nobile vegliardo, in mezzo alle crudeli
angosce della persecuzione, scritti prima del suo martirio, in cui egli si
affligge, nel declino degli anni, con raammarico, di quelli applauditi dai
letterati in Irlanda che avevano incoraggiato il suo debutto. Il mio animo rattristato ha perduto il dono
delle gioiose melodie. In lui si ritovano, come ha osservato M. Ozanan, le
reminiscenze della letteratura profana nel sermone di san Gallo, che rifiutava
il vescovato di Costanza.
Cummiano, nella sua dissertazione sulla Pasqua, ci appare come un
prezioso scrittore che preferisce il gioco dello spirito alle buone ragioni
degli uomini.
Pi erudito di alcuni teologi delle scuole romane, egli conosce
il greco; ma egli geloso di mostrare i suoi discorsi, irti di motti
inellegibili, ai dottori incaricati di rispondergli. Quando, per esempio, prima
di citare una frase di Origene, egli la chiama chalcenterus et vere adamantinus, egli deve essere ben persuaso
che questo termine chalcenterus
(scritto anche con caratteri greci), non sar compreso nel continente,
allinfuori di san Gallo e pu darsi, di Bobbio, colonie hiberniane.
Egli della stessa idea per un altro termine, petalicus, che segue il nome
dellapostolo san Giovanni, il cui
significato , senza dubbio, esiliato.
Ozanam, aveva raccolto diversi scritti composti in Irlanda nel
VII secolo, un gran numero di questi
ellenismi; egli attesta una profonda conosccenza della lingua greca presso
popoli che la usano male a proposito.
Si deve segnalare, aggiunge Firmin-Didot, una assai grande
diversit di fisionomie tra i dottori irlandesi del VI secolo e quelli del VII
secolo. San Colombano e suoi compagni sono dei poeti. Giovanni di Trittenheim
paragona fortunatamente san Colombano al principe dei druidi: E un druida, un bardo (cantore) che celebra sulla moda lesbiana la povert
monastica o, su un tono pi grave, pi solenne, espone la vanit delle gioie
mondane e mostra al cristiano lunica via di salvezza, di felicit, la via
aperta da Cristo.
Verso la fine del VII secolo i canti dei bardi sono cessati,
larena si aperta alla teologia contenziosa e i discepoli dei bardi sono i
retori liberi che discettano in termini inusitati sulle verit o sui problemi
della dottrina cattolica; ma questa diversit non impedisce che abbiano in
comune per le une e gli altri un fondo comune, lerudizione; poeti o teologi si
popongono come modello il greco.
NellVIII secolo sono rimarchevoli le lettere irlandesi di san
Virgilio, vescovo di Salisburgo in Baviera. Il re Pipino desiderando conoscerlo
lo fece venire nella sua Corte e un cronista ci racconta che questo re, ammirando
la meravigliosa erudizione eximiam
eruditionem (Wiguleus citato da Usher in Silloge), di Virgilio, lo
tenne presso di s per due anni interi, senza permettergli di tornare al suo
gregge.
Le lettere apostoliche con le quali san Virgilio era stato
canonizzato, sono dellanno 1233; esse consacrarono lomaggio della piet popolare;
ma fu una consacrazione tardiva. Quando tutto il popolo bavarese era accorso
sui passi di Virgilio, provando il suo rispetto per leminente dottore aggiunto
alla falange dei santi, larcivescovo di Mayence, Bonifacio e il papa Zaccaria,
lo inviarono a un Concilio in cui fu ritenuto autore di una dottrina perversa e
criminale, per avere, sulla testimonianza degli antichi greci, affermato
lesistenza degli antipodi (De perversa autem et iniqua doctrina, quam
contra Deum et anima suam locutus est: perversa e iniqua dottrina che parla
male di Dio e dell'anima.... che ritiene che sulla terra vi sia un altro mondo
e altri uomini...(Lettera di Zaccaria a Bonifacio, Usher, in Sylloge p. 35).
Da non dimenticare dopo Virgilio, san Declano, san Alto che condivisero
i pericoli e la gloria della sua misssione in Baviera, e maestro Dobdan,
soprannominato il Greco,
vescovo coadiutore di Salisburgo, poi vescovo di Chiemsee, che
apr in questultma citt una scuola pubblica dove attir numerose legioni di
uditori et agmina discentium quam plurima
habuit.
Nello stesso secolo troviamo Colchus o Coelchu il Saggio,
Cruindmelo e Malrachano, abili grammatici. Coelchu era supremo moderatore di
una delle grandi scuole irlandesi. Un giorno, dicono, viaggiava a piedi, portando
la sua bisaccia in cui teneva i suoi libri, prezioso tesoro; laccompagnatore,
con rispettosa familiarit per alleviare il peso del venerabile dottore, si
offre di portare la pesante bisaccia; questo accompagnatore era san Pietro:
tale la leggenda irlandese.
I papi riducevano e qualche volta maledicevano, le scienze
profane; ma ecco san Pietro che si opponeva ai papi. Non si sa niente n di
Cruindmelo n di Malrachano; tantomeno si trova qualcosa nei loro scritti,
nelle pergamene del IX secolo e la sicurezza e lestensione delle loro
conoscenze prova che essi siano irlandesi. Malrachamo, versato in tutte le
sottilgliezze della grammatica, cita frequentemente Donat e questo Virgilio di
Tolosa, di cui il cardinale Mai ha pubblicamente riconosciuto le dissertazioni
grammaticali in qualche manoscritto del Vaticano.
Ma ci che particolarmente irlandese nel suo metodo, che si
va spesso dal greco al latino, e spiegando volta per volta il processo delle
due lingue, essi insegnano volta per volta il procedere delle due lingue;
insegnano volta per volta, luna e laltra con ingegnosi e sottili rapprocci.
Cruindmelo esponeva ai suoi allievi le regole e la prosodia
latina; egli conosceva il risentimento dei dottori romani per gli antichi
poeti. SantOuen, nella Vita di san Eloi,
lo chiama, con proprio termine, scellerato. Odone di Cluny non lo tratta meglio
quando paragona Virgilio a un bel vaso, allinterno del quale si agitano
orribili rettili. Gli insegnanti irlandesi non avevano tanti scrupoli. Ecco il
debutto di Cruindmelo
Discite me,
pueri, versus (qui) scribere vultis
Nem veterum
rite carminam prisca sequor
e per completare limpegno preso con questo esordio, egli citer
spesso i monaci Sidelio, Prospero o Virgilio. Ci che egli prende dai grammatici,
interessa maggiormente, poich ci rivelano i suggerimenti, i consigli della sua
rara esperienza.
Oltre a Donato, Prisciano e Virgilio di Tolosa vi sono Sergio,
Pompeo, Onorato, Massimiano, Paolino, Teodoro, Palemone, Maurio, Servio,
consultati da un dottore italiano o gallo, dello stessso secolo o del secolo
seguente; di questi grammatici antichi e moderni, egli non conosce che
Prisciano o Donato e la sua competenza didattica non superiore alla sua
erudizione.
LA SCUOLA PALATINA
ALLA CORTE
DI CARLOMAGNO
E I BATTIBECCHI
NELLA SCUOLA
L |
VIII secolo finisce con Carlomagno che regna sullAustrasia e
sulla Neustria; lItalia lo saluta come lerede dei Cesari e il suo braccio
protettore o vincitore, si estende dai confini della Sassonia al versante dei
Pirenei.
Al di sopra delle sue imprese egli dispone la restaurazione degli
studi antichi: per usare una espressione di Alcuino, egli vuole fondare una novella Atene.
Gli studenti non mancano; egli stesso decide di entrare nella faalange degli studiosi.
Ma ci che difficile trovare dei maestri. LItalia fornisce Paolo Diacono e
Pietro di Pisa, letterati di rinomanza; Teodulfo giunge dai confini della
Settimania per essere il Pindaro della Corte di cui Alcuino lOrazio.
Gli eruditi saranno inviati dallIrlanda. Cos lIrlanda,
risparmiata dalla barbarie incaricata particolarmente della educazione dei
barbari e trasmettendo al mondo nuovo le tradizioni del mondo antico, essa
viene a sollecitare l unione delluno e dellaltro. Ma qual limpedimento di questa unione?
Dopo la fine del V secolo si ben compiuto il cambiamento nello
spirito, nei costumi delle nazioni occidentali. Frattanto, in mezzo a tutte
queste rivoluzioni, Roma non ha cessato di lavorare per riprendere limpero del
mondo e con i suoi costanti sforzi un certo ordine si ristabilito; una certa pace, fondata sulla servit delle coscienze, ha rimpiazzato
la confusione e la turbolenza che era seguita alla barbarie.
Esisteva una ortodossia romana. Ma la sua dominazione non si era
estesa fino allIrlanda. Ci che la dominava ancora era lellenismo
alessandrino, con la sua dotta sottigliezza, la sua dialettica litigiosa e
temeraria, il suo entusiasmo per la sua libert. Abbiamo gi accennato alla contrariet di queste due tendenze,
precisa Haureau. Essa divamper pi
ancora quando i rappresentanti delluna e dellaltra si incontreranno sullo
stesso teatro.
Questo teatro Carlomagno che viene ad alzarlo: esso si chiama Scuola di palazzo.
Seguiamo la
folla dei principi, principesse, guerrieri e clero che la frequentavano. I
maestri latini e maesri greci occcupavano
le scene rivali e noi andiamo a sentirli contraddire e ingiuriarsi. Ci sar
il loro preludio. Pi tardi essi verranno a proscriversi. Uno degli storici di
Carlomagno, il monaco di San Gallo, raccontava in termini primitivi, larrivo
di due irlandesi alla Corte dAustrasia. I due viaggiatori si erano fermati in
una piazza pubblica e, in pieno mercato, non mostravano alcuna mercanzia, ma si
facevano conoscere dalla folla per la singolarit del loro vestiario che attraeva
e riempiva di meraviglia: Se qualcuno
desidera della scienza che conosciamo, noi la vendiamo. Essi dicevano.
Il magnanimo Carlo, avendo
sentito parlare di questi stranieri, li chiamava presso di lui, li interrogava
e, meravigliato del loro sapere, affidava alla loro disciplina una numerosa
giovent.
Questo racconto non pu essere non conforme alla verit; pi
tardi era stato abbondantemente e vantaggiosamente commentato, scrive Haureau. Ma certo che vi erano diversi
irlandesi che reggevano la Scuola
palatina e che essi esercitavano una grande influenza. Il pi celebre era
il grammatico Clemente, soprannominato lIberniano.
Per molto tempo si era creduto che di questo Clemente non fosse rimasta alcuna
opera; ma nel Catalogus librorum Angliae
et Hiberniae, pubblicato a Oxford nel 1697, era offerta la seguente menzione
dei manoscritti di Vossius: Excepta e
Grammatica antiquis, a Clemente quodam collecta. Ma questa indicazione,
gi raccolta dagli autori dellHistoire
Littraire, appare ben vaga e
potrebbe essere fallace.
Una indicazione pi
precisa (prosegue Haureau) ci stata fornita da Sinner, nel catalogo di
manoscritti di Berna, egli designa: Clementis
Scoti de partibus orationis; ma si tratta di un manoscritto incompleto, al
quale mancano linizio e la fine. Intanto Sinner cita qualche frase: Major populus et magis egregiis artibus
pollens Tusci fuere quidem natura linguae suae ctc.
Infine, una paziente ricerca, ricompensa il successo (riferisce Haureau) e ci ha fatto
recentemente ritrovare questa frase nel volume 1188 del fondo di San Germaine
(fol. 131 verso), in mezzzo a una dissertazione anonima sulle
parti di un discorso intitolato Ecloge
de libris Grammaticorum. Possediamo questo scritto di Clemente di cui fino
ad oggi lesistenza ci era sembrata dubbia e i mns. di Vossius, Berna,
Saint-Germaine, sono tre esempi di una stessa opera.
E un dialogo pieno di questioni ardue e risposte che rivelano un
fondo di conoscenza straordinaria per quel tempo (prosegue Haureau).
Lerudizione dellautore dimostrata dal gran numero delle autorit che egli richiama (*). Quanto
al metodo egli ancora pi sorprendente; egli conosce il greco e sa ben
riprodurre in lettere greche dei versi di Omero. Egli assicura che in tutte le scienze i greci sono i suoi
maestri ed egli segue i loro insegnamenti Grci quibus
in omni doctrina doctoribus utimur; infine questa lunga dissertazione
sulle parti del discorso in cui Clemente pareva avesse condensato il suo
sapere, una costante comparazione tra
i principi comuni e i differenti idiotismi della lingua greca e latina.
Se Clemente fosse un filosofo, secondo laccezione moderna di
questo termine, non lo dimostra nella sua grammatica; inutilmente (scrive
Haureau) abbiamo cercato qualche sua sentenza filosofica nella sua grammatica.
Certamente si ha ragione di credere che presso la Corte di Carlomagno egli
aveva offeso pi di una orecchia con i suoi liberi discorsi e per la semplicit del suo ellenismo. Teodulfo lo designava
fra i nemici, per la sua fama come maestro Scoto, gran sapiente, ma aggiungeva,
da gran pedante, di cui ciascuno alla Corte rilevava lumore litigioso e lo
malediceva.
Alle imprecazioni di Teodulfo, si aggiungono le rimostranze, non
meno rimarcabili del maestro Alcuino. Alcuino, nato in Gran Bretagna da una
famiglia sassone, era un allievo della scuola di York e come tutte le persone
del suo paese, egli provava per gli Scoti, un sentimento che non fosse molto
lontano dallavversione.
Dopo aver diretto per qualche tempo la Scuola di Palazzo, egli si
era ritirato nel monastero di Saint Martin de Tours, dove continuava a formare
allievi; ma era venuto a conoscenza di una spiacevole storia; la scuola era stata sedotta dal brillante sapere di un
Irlandese e linfluenza di questo dottore, nella scuola che aveva lasciato, era
divenuta preponderante. Egli se ne affliggeva e si allarmava; lui stesso scriveva
al re Carlo: Andando via avevo lasciato
presso di voi dei Latini; non so chi li abbia rimpiazzati con degli Egiziani.
Questa classificazione (scrive il citato storico) nel contempo
ingegnosa e precisa. La citt sapiente dEgitto, era Alessandria e leresia
degli Scoti, relativamente alla Pasqua, la loro boria sofisticata, il loro metodo,
le loro dottrine e, in una parola, tutto il loro ellenismo, riprendeva bene la
tradizione alessandrina; Alcuino, illustre rivale contemporaneo di Clemente,
aveva chiamato i maestri irlandesi con il loro vero nome. La loro patria era
lEgitto ed erano stati introdotti con frode in una scuola di fondazione
latina; e lAnglo-Sassone (Alcuino), nel fervore del suo zelo per la causa dei
Latini, chiedeva che essi fossero scacciati.
Il IX secolo cominciava per gli Scoti con un lungo periodo dafflizione
domestica, con i Danesi che si erano
stabiliti nella loro patria.
Ma nello stesso periodo e per la stessa causa le emigrazioni si
moltiplicavano; gli insegmamti irlandesi andavano a propagare dappertutto il loro
sapere e le loro dottrine; dappertutto li ascoltavano, li ammiravano, li ricoprivano
di onori.
Fra questi illustri emigrati, dobbiamo contare il monaco Dicuil, autore
del De mensura orbis terr
pubblicato da Walckennar nel 1807
e abilmente commentato da Letronne, probabilmente nel 1814; si supponva che
Dicuil fosse abate di Pahlacht, ma niente provava che egli avesse lasciato
lIrlanda.
Allo stesso tempo, riferisce
Haureau, apparteneva linterprete Claudio, che aveva lasciato delle
glosse su quasi tutti i libri delle sante Scritture e il matematico Gildas, raccomandato da Bale
e da Usher. Non si sa se Gildas e Claudio abbiano viaggiato. Ma si vede errare,
pi o meno lontano dalle rive iberniane, il grammatico Dungal, incaricato da
Carlomagno di istruire i giovani di Pavia. Lo stesso che rifiutava gli errori
di Claudio da Torino e senza dubbio lo stesso che, per rassicurare lignoranza
allarmata del grande Carlo, aveva scritto una lettera sulleclisse dell819; Killak,
abate di Kildare e il vescovo di Blatmac erano andati a istruire gli Scoti Albanesi;
labate Indract, il beato Ultan e il monaco Dubslan, Machbeth, Malmunn, avevano
visitato e catechizzato lInghilterra, lanacoreta Eusebio, il beato Marcello, e il vescovo
Erlulfo e Cortilla, percorrevano la Germania.
E soprattutto nelle Gallie che si incontravano questi dotti
pellegrini. Carlomagno li proteggeva contro lo
stesso Alcuino: Luigi il Buono (v. citato Art. Carlomagno ecc.) aveva
avuto per essi la stessa stima; Carlo il Calvo (idem) li invitava alla sua tavola, trattandoli come amabili compagni
e accordava loro, ci assicurano, precisa Haureau, il diritto di prendersi beffe
familiarmente di lui. Ci fanno sapere di Heiric dAuxerre, proveniente dalla
Scuola di Palazzo e raccontano, ci che egli aveva visto: Parler. diceva. dellIrlanda,
che disprezzando i pericoli del mare, emigrata tutta intera, sulle nostre
spiagge con le sue truppe di filosofi?. E chiaro che questo linguaggio
fosse iperbolico. E certo che sotto il regno di Carlo il Calvo un gran numero
di Iberniani erano apparsi nelle Gallie e noi non rimpiangiamo mai tanto, di
averne conosciuto solo tre, Elia, Mannone e Scoto Erigena (Irlandese).
Gli autori di Gallia
Christiana, non indicano in quale Scuola avesse insegnato Elia; ma essi
attestano almeno, che egli avesse avuto un meraviglioso successo in Gallia mirifice scholas rexit. Il
suo merito fu ricompensato; egli mor vescovo dAngoulme.
Bisogna ammettere, in base alla tesimonianza di un anziano,
citato dal fratello San-Marte, che il dotto Heiric fosse il discepolo preferito
di Elia. Questo anziano, erigendo la momenclatura dei primi reggenti delle
nostre scuole, aveva commesso evidenti errori. In particolare, per quanto
riguarda Heiric ed Elia, scrive Haureau, egli non era stato forse che male
informato; le glosse di Heiric, smaltate
di motti greci con una fedelt contestabile, ci fanno conoscere che egli
avesse compiuto studi con un maestro irlandese.
Valre Andr, attribuiva a Mannone dei Commentari sulle Leggi e
sulla Repubblica di Platone. Questa attribuzione erronea; ma n il merito di
Mannone, n il suo soggiorno nelle Gallie, sono cose dubbie. Egli era stato
prevosto dellAbbazia di Saint-Oyand de Joux, che prese pi tardi il nome di
Sain-Cloud o diocesi di Lione ed egli mor il 16 agosto 880. Questa data appariva
certa.
Un manoscritto del IX secolo, iscritto sotto il numero 2832 dei
fondi del re, alla Biblioteca reale (Parigi), (scrive Haureau) conteneva dei
poemi di Democrito, san Cipriano, Depranius, Vandebert, Teodulfo, e sui primi
foglietti di questo manoscritto, si leggeva: Voto bon memoria
Mannonis. Liber ad sepulchrum sancti Augendi oblatus; libro
offerto da Mannone al monastero di Saint-Oyand. Noi ritroviamo la stessa
postilla in una raccolta della biblioteca della Scuola di medicina di
Montpellier, sotto il numero 157 e, in un manoscritto di Troyes che contiene il
commentario di Floro, vescovo di Lione, sulle epistole di san Paolo. Mannone
verso la fine della sua vita aveva legato tutti questi libri, allabbazia di
Sain-Oyand, dove, nellassenza dellabate titolare, larcivescovo Remy,
occupava la prima dignit claustrale.
E un ramamrico (conclude
Haureau) non avere altri insegnamenti da produrre su un uomo che sembrava aver
goduto di un s gran nome. Sperando che una nuova ricerca possa essere pi completa
e che le biblioteche dIrlanda, oggi cos negligentemente ancora esplorate, un
altro Usher, faccia emergere un giorno uno scritto di Mannone.
In attesa di questa scoperta, conclude Haureau, almeno Giovanni
Scvoto Erigena ci fa sapere quale fosse il suo carattere, quali furono le
opinioni dei filosofi irlandesi del IX secolo. Se non abbiamo altri libri che i
suoi, da poter essere informati a questo riguardo, essi sono tali da essere
sufficienti.
*) I grammatici che egli cita sono: Comminianus, Maximianus,
Papirinus, Sulpicius, neas, Servilius, Lucanus, Gelvidius, Etherius,Prtorius Hilarius, Glengus, Galbungus.
GIOVANNI SCOTO
ERIGENA CHIUDE
IL CICLO DELLE
SCUOLE IRLANDESI CHE
SI CONFONDONO
CON LE LATINE
G |
iovanni Scoto (805-877 c.ca) conosce
bene il greco (scriveva il benedettino Jean Liron nel 1734), e non quanto Beda, Alcuino, Heiric, o Remy
dAuxerre e tanti altri apprendisti ellenisti della Scuola latina, che, per
aver appreso qualche vocabolo greco, facendo commercio con gli irlandesi, fanno
una gran parata e si tradiscono subito con i pi buffoneschi errori e
limperfezione del loro sapere.
Egli
conosce il greco quanto un erudito del XVImo secolo - proseguiva
il benedettino - e le sue traduzioni delle opere di Dionigi sono ancora oggi in tutte le
mani. E oramai da tempo che la stampa ha moltiplicato i suoi esemplari.
Ma Scoto non era stato solo un grammatico; egli stato un
filosofo. Aveva commentato Marziano Capella e i termini della sua glossa e ci
che concerne la dialettica, sono di una singolare energia.
Egli non si accontenta di essere realista, ad oltranza come
Spinoza. Dopo aver affermato lunit sostanziale di tutti gli esseri, riconosce
che essi differiscono in qualcosa; ma per dichiarare subito che tutta questa
differenza semplicemente superficiale. Che tesi! Che blasfemia essa contiene!
Giovanni Scoto ha letto Platone (prosegue il benedettino), almeno
il Timeo di Platone e nel suo
trattato Della divisione della Natura
egli lo cita spesso. Platone il suo maestro ed egli lo intepreta in modo da
far credere che egli ha avuto pi di un incontro con lui sotto le ombre
dellAccademia (lAreopago). Ma ci nonostante, non affatto un pagano. Il Dio
che egli venera non Giove; egli ha dovuto abbandonare questo nome, che
ricorda troppe avventure oscene.
Con i cristiani Giovanni Scoto proclamava che lunico autore di
tutte le creature, personificato sotto tre ipostasi diverse. Ma, non per
questo egli sia meno istruito su tutto ci che concerne la credenza, la fede cattolica, e non si rammarica di essere in
vantaggio: La filosofia, (egli dice
in De Divina Prdestinatione), lo studio della saggezza; non una cosa e
la religione unaltra. Ci che trattare della filosofia, se non esporre i precetti della vera
religione (*), seguendo la quale noi adoriamo
umilmente e perseguiamo il mistero nel mistero, la sovrana e prima causa
di tutte le cose, Dio? Dande consegue che la vera filosofia la vera religione
e reciprocamente, la vera religione la vera filosofia.
Ma una assimilazione inconveniente che rivolta la chiesa di
Ario, come quella di Attanasio e contro la quale tutta lautorit protesta con
uguale energia. Lautorit, egli
risponde, procede dalla dritta ragione, e
non vale la ragione dellautorit. Ora, tutta lautorit di cui i decreti non
sono approvati dalla ragione, una
autorit senza valore, tanto che la dritta ragione stabilisce come la fortezza
inespugnabile dietro il rimparto delle sue forze, non ha bisogno di essere
protetta con il soccorso dellautorit.
Quale questo strano linguaggio? Se la Chiesa lo intende, essa
si incrudelisce. Giovanni Scoto, prosegue: Io
non sono totalmente spaventato dalla autorit e non temo la furia degli spiriti
intelligenti, da esitare a ritenere tanto in alto ci che la mia ragione
discerne chiaramente e dimostra con certezza.
La libert di queste dichiarazioni sorprendente, scrive Haureau.
Come gi stato sottolineato, loriginalit, linsubordinazione tradizionale
dei maestri irlandesi i quali non si attendono certamente di vedere un
contemporaneo, un commensale di Carlo il Calvo, dire delle cose cos penetranti,
con un tono cos risoluto. Sono l, seguendo la Chiesa tante blasfemie; per
intendere rinnovarle egli fa discendere la serie dei secoli per giungere fino
al filosofo di Malmesbury (Thomas Hobbes 1588-1679).
Tali principi (scrive Haureau) dovevano condurre Giovanni Scoto
al disconoscimento di tutta la teologia e di tutta la filosofia cristiana. Egli poteva ancora scegliere fra diversi
sistemi raccomandati al nome della ragion pura e preferirne i pi timidi o i
pi temerari. Ma la sua dottrina precisamente lultima parola della antica
audacia. Non la dottrina di Aristotele, egli la disprezza, e neanche quella di Platone: egli va ben
aldil.
E alla lettera quella di Proclo, il panteismo arrogante. senza
misura e senza freno. Egli molto
curioso dice Degrando (**), di
vedere in mezzo a questa generale ignoranza, in unepoca in cui la sfera di
studi del filosofo francese sia cos stretta, un uomo. un solo uomo, lanciarsi nella pi alta regione delle
speculazioni astratte; egli molto curioso di vedere la filosofia del medioevo
esprimersi per una concezione cos singolare. ... Lapparizione di un tal uomo,
in una tal epoca , ad ogni riguardo, un fenomeno straordinario: sembrerebbe
incontrare un monumento artistico in mezzo alle sabbie del deserto(Histoire
compare des systemes de philosophie).
Se Giovanni
Scoto, reggente della Scuola palatina, avesse
potuto limitarsi a occuparsi di questo
incarico e rimanere estraneo agli affari della Chiesa, la Chiesa avrebbe potuto
lasciarlo continuare in pace e in
libert, fare dei discorsi di cui essa non era capace di apprezzarne la
portata.
Ma su invito dello stesso Carlo il Calvo, Giovanni Scoto aveva
osato dichiarare i suoi sentimenti sulla controversia dogmatica provocata da
Gottschalk (***). Dei clamori si elevarono subito contro lEgiziano fazioso ed
empio (v. sopra, Clemente); la Chiesa latina si sollev tutta intera e si
appell agli abusi.
Quali furono gli esiti di questa tempesta? Cosa divenne la
filosofia, abbandonata da tutti, perseguita con tanta chiasso? Si sa: egli
scomparve e la storia non ritrova pi le sue tracce. Con lui, lellenismo
irlandese vinto, proscritto, e ormai la Scuola
palatina non offrir pi altri Erigeni.
Egli riconosciuto dappertutto, proclamato come una pubblica peste,
dir: res hostis atrox-cosa da
nemico atroce, come diceva Teodulfo e che il fedele cristiano doveva
sfuggirlo con orrore.
Nei primi anni del XII.mo secolo, la Chiesa, ricercando, per
darli alle fiamme vendicatrici, tutti gli scritti che avevano potuto contribuire
a far nascere leresia che porta il nome di Amaury de Bne e David de Dinant,
il trattato Della
divisione della natura fu
segnato come la vera fonte dellerrore e fu allora solennemente condannato.
In questepoca le scuole dIrlanda non erano pi come quelle
descritte, sottomesse
allautorit romana, esse avevano lasciato da parte Platone e Proclo per
adottare SantAgostino e San Gregorio. Il pi brillante, come sembra, dei
maestri irlandesi, Giovanni Scoto lultimo rappresentante della loro
indipendenza comincia a prevalere e i filosofi platonizzanti cedono il posto ai
teologi ortodossi: dunque qui che si arresta la storia sommaria delle scuole
dIrlanda che perdono il loro nome proprio e si confondono con le altre scuole
latine.
*) Chi scrive, come abbiamo visto, un
benedettino il quale ripete lo stesso errore della Scolastica, fondata proprio
da Giovanni Scoto, che voleva tener distinta la Filosofia dalla Religione, secondo
i principi dellAreopago, la Scuola ateniese
di Platone e Aristotele e non come laveva impostata Plotino (nelle Enneadi) con il neoplatonismo che aveva indirizzato
verso lapparenza cristiana, la filosofia platoniaca; ma Scoto non era
riuscito nel suo intento, perch questo indirizzo nella Scolastica era
continuato fino alla sua fine (v. nota ***
in Parte seconda).
**) Joseph Marie de Grando ( 1772-1842), barone di origine
italiana.
***) In latino Godescalcus, Gottschalk (804-870 c.ca), monaco
dellabbazia di Saint-Bertin, con la sua tesi sulla prdestinatione
aveva anticipato il protestantesimo.
I DUE MOTORI
DELLA CULTURA
IN OCCIDENTE:
RINASCENZA E
INVENZIONE DELLA
STAMPA
I |
due
grandi motori della cultura intellettuale in Occidente (scrive Firmin-Didot)
furono la Rinascenza accompagnata dalla invenzione della Stampa che aveva salvato
e propagato i capolavori dell'antichit. La maggior parte di questi capolavori
erano costituiti dai tesori della letteratura greca, la figlia pi illustre
dello spirito umano, che avevano trovato il loro entusiata propagatore in Aldo
Manuzio.
La
lingua greca, sola tra altre lingue antiche, dopo tante vicissitudini era
riuscita a salvarsi e conservarsi per tremila anni, consegnandoci, come un
astro sorto ai confini tra l'Asia e l'Europa, Omero, in tutto il suo primitivo
splendore.
E
si pu dire con Bossuet che: Tutto
lOriente, riconoscendo la Grecia, apprese la sua lingua. A ci si pu
aggiungere che nellarco di tre secoli
si videro brillare gli astri di Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane,
Erodoto, Tucidide, Senofonte. Eschine, Demostene, e infine Platone ed
Aristotele ... senza contare i successivi, dei quali solo come esempio
indichiamo Euclide.
Vinta
dalla superiorit del genio politico e militare di Roma, la Grecia soccombeva a
questa duplice stretta, e perdendo la sua perigliosa libert, perdette anche le
sue nobili ispirazioni, Ma conserv il primo rango nelle lettere e nelle arti e
il suo appassioato gusto per il bello, inerente alla sua natura, alle sue
istituzioni, al suo clima. Si vide allora questa potenza intellettuale e
civilizzatrice che la Grecia aveva esteso a tutto lOriente, esercitare lo
stesso impero su Roma, ancora pressoch barbara e sui popoli sottoposti alla
sua dominazione; sotto questa influenza, Roma, che da lungo tempo aveva
improntato alla Grecia le sue istituzioni politiche, si fece greca: da allora
la conoscenza della lingua e letteratura greca, a Roma, era divenuta frequente.
Ben
prima della prima guerra punica (264-241) molti romani comprendevano e
parlavano la lingua greca; la pi antica storia di Roma dovuta a Quinto Fabio
Pittore che laveva scritta verso il 215 avanti la nostra era, in lingua greca,
secondo Dionigi dAlicarnassso. Nel 164 Tiberio Grcco, il padre dei due
tribuni, inviato come anmbasciatore in Asia Minore, si era fermato a Rodi dove
pronunziava in greco, un discorso che esisteva ancora al tempo di Cicerone.
Nel
secondo secolo, prima della nostra era, la conoscenza del greco era
obbligatoria nella formazione di una buona educazione. Atene divenne la scuola
dei romani e ben presto, durante il secolo di Augusto (primo sec. prima della
nostra era) illustrato da Cicerone, Virgilio, Orazio, entusiasti ammiratori di
Omero, di Esiodo, di Teocrito, di Demostene, di cui essi furono imitatori; si
rinnovava nellimpero romno, il secolo di
Pericle (citato da Voltaire nel Secolo
di Luigi XIV): sotto il regno di Augusto per le donne costituiva motivo di
raffinatezza parlare in greco.
Lentusiasmo
era stato tale che Orazio ed altri autori, avevano chiesto allimperatore di
trasportare la sede dellimpero sulle rive troiane. Cicerone diceva che: Le opere greche sono lette presso tutte le
nazioni e i testi latini sono
ristretti
nei limiti dellItalia (ma
sappiamo che, per loro fortuna, avevano otrepassato quei confini! ndr.).
La
venerazione di Roma per il genio greco, scrive Firmin-Didot, aveva contribuito
alla diffusione della letteratura greca nel mondo civilizzato e fu allora, dopo
la caduta dellindipendenza greca, che presso i romani, africani e asiatici si
pubblicarono importanti opere in lingua greca e continuarono in questa
germinazione.
La
conoscenza della lingua greca era penetrata in Armenia e presso i Parti. Alla
fine del primo secolo prima della nostra era, Crasso aveva ricevuto due greci che
in nome del generale Surna, parlando il greco, lo avevano invitato a un
incontro.
Nella
drammatica esposizione fatta da Plutarco (nella Vita di Crasso), delle nozze della sorella di Artabaze, re
dellArmenia, con Pacorus, figlio di Orods lArsacide, re dei Parti, nozze
celebrate alla Corte armena, si assiste al gran ruolo giocato dalla lingua
greca; durante le feste date dai due re,
si erano recitate poesie greche (Arabaze in questa lingua aveva composto
tragedie, storie e arringhe); quando gli era stata portata la testa di Crasso,
un attore di nome Giasone gli aveva
recitato la scena di Agav delle Baccanti
di Euripide e tutti i convitati erano stati in grado di capire il greco.
Nel
secolo di Augusto, a Roma si presenta un periodo di decadenza della lingua
greca, ma il diffondersi del cristianesimo favorisce il ritorno della lingua
greca; il paganesimo, battuto dai Vangeli, ripara nella filosofia di Platone.
La magia, lo stile e lelevatezza delle idee di questo genio, esercitano una
potenza seduttrice sugli spiriti, al punto
che il platonismo assorbe il mondo romano durante tutto il secondo
secolo, per continuare ancora nei secoli successivi. Tutte le branche della
letteratura greca si risvegliano, tanto che le lettere latine cadono nella
mediocrit e il genio greco produce, nei secoli successivi (I e II n. e.) opere
rimarchevoli.
Linfluenza
della letteratura e filosofia greca, prosegue Firmin-Didot, si accresce nelle
classi pi elevate sotto il regno di Antonino e quando sale sul trono
limperatore-filosofo Marco Aurelio, scrive le Massime ispirate da Zenone e Platone e due seoli dopo limperatore
Giuliano, al latino, preferisce la lingua greca per la difesa del politeismo e
per gli altri suoi scritti.
La
giovane societ cristiana, disdegnando le lettere profane e assumendo per
missione di combattere gli errori, si
rifugia nella filosofia (che, come abbiamo detto , diventa Teologia) poggia le prime pietre della letteratura sacra, che trova
da lottare con le idee pagane, portando il movimento letterario sul terreno
della polemica. Le opere profane troveranno minor eco, ma il genio greco e la
sua filosofia che planano sul campo di battaglia.
Il
platonismo (nella forma cristiana!) diventa talmente potente nel terzo secolo,
da sedurre pi di un Padre della Chiesa nascente e la letteratura pagana, come
detto, entra nellombra, per cedere il campo alla letteratura sacra e lora del
trionfo della Croce il segnale della sua rapida fine.
Il
fanatismo religioso al suo debutto, e i prelati sono costretti a leggere, e
lo fanno volentieri, le opere profane; ci che affligge san Girolamo e porta la
Chiesa a pronunciare nel Concilio di Cartagine (*), linterdizione ai vescovi
della lettura dei libri pagani, in quanto il loro esempio avrebbe potuto
portare a risultati funesti!
Lo
stesso Gregorio Magno aveva contribuito alla distruzione di molte opere della
letteratura antica per le quali i suoi subordinati si mostrarono ben lieti di
assecondarlo nell eseguire le sue disposizioni.
*)
Lautore del testo, Firmin-Didot, non precisa quale fosse il Conclio di Cartagineal quale attribuisce questo divieto,
che non risulta nei primi due del 411 e 438.
LELLENISMO IN ITALIA
PRIMA
DI ALDO MANUZIO
L |
ora del risveglio giunger
nella terra classica dove il passaggio di due civilt ha lasciato tracce
profonde; lo spettacolo dei ricordi dellantichit, aveva colpito la viva
immaginazione degli italiani e sviluppato presso di loro il sentimento del
bello. La loro genialit, scrive Firmin-Didot, era ispirata dalla contemplazione
dei monumenti dei secoli passati e allo scomparire della barbarie in Italia, la
Rinascenza comincia con opere di architettura e scultura; da quel momento essa,
con ardore giovanile, si mise alla testa del movimento intellettuale, prendendo
quel nome; il ritorno verso la latinit letteraria antica, fu rapido a causa
della stretta parentela che la univa alla lingua italiana.
Meno sottomessa alla influenza della scolastica, lItalia percorrer pi
velocemenmte di tutti gli altri Paesi, la strada che condurr allaffrancamento
degli spiriti. Pi a contatto con lOriente, essa arriver per prima a scrollarsi dal giogo dei pregiudizi e dei
risentimenti religiosi, per porre in
onore lellenismo.
Sarebbe interessaante e istruttivo, scrive
Firmin-Didot, tracciare nei dettagli, il sentiero progressivo degli studi greci
in Italia, dopo la caduta dellimpero ronano; ma sarebbe difficile sperare di
trovare uno zelante ellenista che possa darci unopera come quella che Hegger
ci aveva dato sullHellenisme en France
(lAccademia di Torino aveva messo a concorso il soggetto: LEllenismo in Italia, ma non si erano
presentati concorrenti).
Dal mio
canto, precisa
Firmin-Didot, cercher di menzionare sommariamente
ci che avvenuto in Italia, prima di Aldo Manuzio, al fine di far apprezzare
le difficolt dei suoi lavori, il fragore del suo successo e mettere in
evidenza, in mezzo al movimento letterario del XVImo secolo, questa simpatica e
grandiosa personalit, in tutta la sua semplicit.
Gli eruditi dimostrano che la lingua greca non ha
mai cessato di essere conosciuta in Italia durante tutta la durata del
medioevo, grazie alle relazioni commerciali, politiche e religiose con la
Grecia e al possesso di qualcuna delle sue province (citt marittime della
Magna Grecia).
Non bisogna per dimenticare che si tratta, pi
sovente, di lingua parlata, quella volgare di Bisanzio. Quanto a quella
letteraria antica e a certe nozioni della letteratura greca, si potranno
indicare pochi esempi nel corso del medioevo, sia in Italia che nel resto
dellEuropa.
Si trovano in Italia molti manoscritti,
sottratti allopera devastatrice delle invasioini, ma ben pochi uomini in grado
di decifrarli e comprenderli. NellVIII secolo, il papa Paolo I aveva inviato a
Pipino il Breve, diversi nmanoscritti greci, tra gli altri la Dialettica di Aristotele. Nel Xmo
secolo, il papa Silvestro II (Gerberto dAurilliac, ritenuto mago: 999-1003),
parla dellabbondanza di manoscritti antichi in Italia. Didier (Dauferio),
abate di Monte-Cassino (pi tardi papa col nome di Vittore III, 1086-87)
arricch nel IX secolo la biblioteca del monastero, di manoscritti portati da
Costantinopoli.
Ma, chi troviamo tra i dotti italiani, istruiti
nella lingua e letteratura greca? Dopo Boezio e Cassiodoro (VI sec.) non troviamo che Pietro di Pisa e Paolo Diacono,
collaboratori di Carlomagno nel campo della pubblica istruzione; con loro
terminava la conoscenza delle lettere greche in Occidente.
Gli ellenisti che si trovavano in Italia a partire
dal IX secolo, erano coloro che si recavano ad apprendere il greco a
Costantinopoli, con lo scopo, si pu dire, di sevire il papa come ambasciatori,
per riportare gli scismatici nel seno della Chiesa romana o per tradurre in
latino le opere ecclesiastiche.
Tali erano Anastasio il Bibliotecario (IXmo sec.), Giovanni di
Napoli (Xmo sec.), Domenico Marengo (XImo sec.), Pietro Grossolano, Mos di Bergamo, Leone Eterario e Burgundio di Pisa (XIImo sec.), Bonaccorso da Bologna e Nicola di Otranto
(XIImo sec.), e molti altri sui quali si trovavano menzioni insignificanti
sparse in diverse opere (*).
Nel numero, sono appena compresi Papias, un
lessicografo lombardo dellXImo secolo, che citava dei passaggi greci nel suo Ditionario, e, tra gli altri, dei versi
di Esiodo: Jacobus Clericus o Jacopo da Venezia,
veneziano che aveva tradotto
qualche libro di Aristotele. Bartolomeo di Messina che aveva tradotto le Morali di Aristotele, per ordine di Manfredi, re di Napoli e aveva
mandato questa traduzione alluniversit di Parigi; Giovanni dOtranto che aveva celebrato
in versi greci lassedio di Parma dellimperatore Federico II; Guido dalla Colonna, giudice
di Messina, che aveva compossto, nel 1270, unopera sulla guerra di Troia, per
la quale egli dovette servirsi di Omero, di Dares e dei Detti di Creta.
Tra gli ellenisti italiani del medioevo, si
possono elencare Costantino lAfricano, nato a Cartagine, ritenuto a torto, fondatore
della Scuola di Salerno. Aveva fatto dei lunghi viaggi in Asia Minore e in
India; accusato di magia, fuggiva (1060) a Salerno, dove fu accolto dal duca
normanno Roberto il Guiscardo; mor a Monte-Cassino con labito religioso di
quei frati. Aveva tradotto un gran numero di opere di medicina. Tiraboschi
assicurava che queste versioni erano state fatte su originali greci, mentre Daremberg
riteneva che Costantino Africano fosse un plagiaro in quanto le sue traduzioni sarebbero
state riprese da traduzioni arabe.
La vera Rinascenza dellellenismo aveva inizio
in Italia nel XIV.mo secolo; il problema della conciliazione delle due Chiese (V. in Schede S. Il Filioque ecc.), era stato pi agitato che mai; gli imperatori di
Costantinopoli, continuamente minacciati dai turchi, avevano rivolto i loro occhi verso Occidente,
con la speranza di trovare la loro salvezza.
La Chiesa latina, sensibile a queste richieste e sentendo il bisogno di avere
dei negoziatori versati nella conoscenza del greco, con il Concilio di Vienna
(1311), dispose che questa lingua fosse insegnata in diverse citt dItalia; si trattava, vero, della lingua volgare, ma
essa preparava alla conoscenza della lingua letteraria.
Il gusto letterario della Corte di Provenza era penetrato nel
mezzogiorno dItalia con la Casa dAngi; il re Roberto faceva di tutto per
propagare nei suoi Stati la conoscenza delle opere greche; egli aveva fatto
acquistare dei manoscritti di tutti i generi, affidando la traduzione agli
studiosi che dovevano tradurre in latino opere di legisti o medici greci. E
per suo ordine che Nicol Ruberto, vescovo di Reggio, aveva tradotto opere
filosofiche di Aristotele, il cui manoscritto conservato nella Biblioteca di
Francia.
Il bibliotecario di questo sovrano fu Bernard Barlaam, precursore
della restaurazione dellellenismo in Italia e primo maestro di Petrarca. Era
monaco a Seminara in Calabria e si era recato a Costantinopoli per imparare il
greco; si era legato allimperatore
Andronico il Giovane, che gli affidava la missione della riunione delle due
Chiese, senza ottenere successo, per lostracismo oppostogli dagli
ecclesiastici greci, per cui dovette tornarsene in Calabria, dove fu nominato
vescovo di Geraci poi di Locri.
Durante la sua missione presso il papa ad
Avignone, conobbe Petrarca al quale insegn i primi elementi della lingua
greca. Quando era in Grecia aveva scritto un trattato contro la supremazia del
papa, che fu stampato a Oxford nel 1592; aveva lasciato unopera matematica Logistiks, stampata a Strasburgo nel
1572; delle arringhe, delle lettere controverse ed altro. Il suo pi grande merito
era stato quello di essere stato maestro del suo compatriota Leonzio Pilato, protettore di Petrarca e Boccaccio, da
considerare il primo ad iniziare gli studi di greco in Occidente e
primo traduttore di Omero.
Aveva appreso la lingua greca, vivendo per lungo
tempo in Grecia; Petrarca lo aveva conosciuto a Padova e gli aveva espresso il
desiderio di avere una traduzione di Omero. Boccaccio, venutone a conoscenza,
ne fu entusiasta e a sua richiesta il senato di Firenze nel 1360 aveva creato
una cattedra di greco, che fu la prima non solo in Italia, ma in tutto
lOccidente. Boccaccio, preso da entusiasmo, non solo lo ospit nella sua casa,
ma procur in gran fretta un Omero e un numero considerevole di altri
manoscritti greci.
Accanto a
costoro, troviamo Pietro DAbano (v. in Specchio dellEpoca, La scuola di Padova) celebre alchimista
(morto verso il 1320) che aveva studiato a Costantinopoli e tradotto Expositio problematum di Aristotele
(Mantova 1475), De medicorum astrologia
di Ippocrate (Venezia 1485) e Tractatus
varii di Galeno (mns. a San
Marco, Venezia).
Gli eruditi
ci hanno conservato i nomi di due contemporanei di Leonzio Pilato, che erano
penetrati nel cuore della letteratura greca:
Rinaldo Persichelli
di
Cremona, morto
nel 1370, che aveva tradotto Pindaro in versi latini; e il celebre canonista Pietro Bracco di Piacenza
, traduttore in latino di arringhe di Demostene e qualche dialogo di Luciano, versioni andate perdute.
Il
principale centro del movimento letterario dellellenismo in Italia fu, nel XIV.mo
secolo, la citt di Firenze e la sua anima era stata Palla Strozzi (1372-1562).
Poco
portato a ricercare onori pubblici, non dedito che a soddifare gli stimoli
intellettuali, non avendo altre ambizioni che quella di illustrare la sua citt
natale, Strozzi aveva impiegato le sue grandi ricchezze per la diffusione delle
lettere. Fu grazie a lui che il celebre
Emanuele Crisolora
and a rilevare a Firenze (1396) la cattedra
di greco, lasciata da Leonzio Pilato, il vero fondatore dellellenismo in tutto lOccidente; il
fratello Giovanni Crisolora che, come
detto insegnava belle-lettere a Roma, aveva composto la prima grammatica greca Єροτήματα
(Erotemata),
stampata a Venezia nel 1484 e
successivamente.
Palla
Strozzi non limit le sue aspirazioni allardore per le lettere greche; egli
fece venire da Costantinopoli un gran numero di manoscritti greci: Platone,
Plutarco, la Politica di Aristotele,
la Cosmografia
di Tolomeo ecc., e ne fece trascrivere altre. LUniversit di Firenze che lo
pose alla propria testa, a lui doveva
tutta la fama che essa aveva raggiunto
in questepoca. Questi trionfi, concude Firmin-Didot, impedivano il sonno a
Cosimo de Medici, che aspirava al titolo di Mecne, e quando raggiunse il
potere, si premur di esiliare il rivale, per cui Strozzi si rec a Padova e con laiuto di Argiropulo,
tradusse diverse opere greche.
*)
Gradenigo, Raggionamento istorico-critico
alla letteratura greco-italiana (Brescia 1759); Schll, Histoire de la litterature greque profane
t, VII, e G. Faure in Mlange dhistoire
litteraire, Rsum chronologique.
LA SCUOLA
DI
EMANUELE CRISOLORA
E I SUOI ALLIEVI
A FIRENZE
(Alcuni degli ellenisti menzionati, in parte,
integrano quelli indicati tra i pre-umanisti
nel cit. art. Carlo V ecc., P. I Sez. I)
D |
alla Scuola
di Emanuele Crisolora, scrive Firmin-Didot, usciva tutta una schiera di giovani
ellenisti che facevano onore al loro maestro e alla loro patria; essi avevano
compreso che per estendere con successo linsegnamento del greco, sarebbe
occorso svegliare la curiosit e formare il gusto del pubblico alla letteratura
ellenica, e la via della traslazione sarebbe stata pi pronta, e si misero quindi
con ardore a tradurre gli autori greci.
Battista Guarini di Verona, uno dei migliori allievi di Crisolora e suo
successore nella cattedra di greco a Firenze; dopo aver insegnato a Venezia e Verona,
tradusse Strabone, su richiesta del papa Nicola V (v. Art. Carlo V ecc, P.I LUmanesimo).
Alla sua morte, avvenuta nel 1460, dicono, si fosse fermato al libro X; la continu
Gregorio Tiferna
(Roma verso il 1470 Venezia 1472 in.fol.); Guarini tradusse anche Plutarco, Della educatione del fanciullo,
stampato intorno al 1470, e le Vite
degli uomini illustri (Brescia 1488).
Leonardo Bruni, detto lAretino, altro allievo di Crisolora,
tradusse Ariosto, l Etica
(Strasburgo verso il 1470; Roma 1473 ecc.), qualche discorso di Eschine e Della Prima guerra punica di Polibio
(Brescia 1498).
Un uomo, al
quale lellenismo di Firenze doveva molto, fu Niccol Niccoli (1363-1437), colto discepolo di Crisolora; ardente
ricercatore di manoscritti che egli stesso copiava e sebbene non avesse niente
scritto e niente tradotto dal greco, lo si pu considerare come il prosecutore
della crititca filologica. La sagacia che aveva impiegato a correggere gli
errori dei manoscritti semplicemente meravigliosa. E a Niccoli che si deve
essere debitori di un cambiamento
radicale nella educazione dei giovani e il legato che egli fece di ottocento
manoscritti, fu il punto di partenza della Biblioteca Riccardiana di Firenze
(allocata nel Palazzo Medici-Riccardi).
Nelle
ricerche egli fu accompagnato da un suo vecchio condiscepolo, Ambrogio Traversari, detto il Camaldolo, eminente teologo,
versatissimo nella lingua greca, traduttore di Diogene Laerzio (Venezia 1475).
Racontava che a Mantova aveva trovato dei ragazzi che conoscevano il greco,
indicando nel numero, la figlia del marchese di Mantova di otto anni. Il Camaldolo (morto nel 1439), aveva
appreso il greco a Venezia da Crisolora e non fu per insegnarlo. Egli
rappresent il papa al Concilio di Firenze dove discett alla presenza del
clero e dellimperatore greco, nella loro lingua. Fu lui a redigere in latino e
greco il patto della unione delle due Chiese. Tradusse un gran numero di opere
di teologia, di san Efrem, santAnastasio, san Basilio, san Giovanni Crisostomo
e altri.
Ognibono da Lonigo (Omnibono Leoniceno), altro allievo di
Crisolora e in seguito insegnante di belle lettere a Venezia; aveva tradotto
qualche favola di Esopo e il trattato di Senofonte Sulla Caccia, versioni inedite. Suo parente e discepolo, Nicola Leoniceno
(1428-1524), medico di grande autorit, aveva trattato diverse volte questioni
del suo genere e traduzionI di opere della sua specialit, come una parte di
Galieno e Gli animali di Aristotele;
aveva tradotto anche la Storia di
Dione Cassio e i Dialoghi di
Luciano, ma nessuna di tali opere era stata pubblicata.
Giacomo DAngelo, altro allievo di Crisolora, aveva tradotto
diverse biografie di Plutarco, rimaste inedite e la Cosmografia di Tolomeo (Bologna 1472; Vicenza 1475; Roma 1478; Ulma
1482).
Un posto
paricolare nella storia della Rinascenza, appartiene al fiorentino Giannozzo Manetti
(1396-1459) che nella sua giovinezza aveva probabilmente seguito il corso di
greco di Crisolora. Ardente per lo studio, pervicace nel lavoro, scrive
Firmin-Didot, divenne uno dei pi forti ellenisti del suo tempo e uno dei pi
colti nellaccezione generale del termine, al punto che Tiraboschi non esita ad
affermare che si trovano pochi eguali a Manetti, nella storia di tutti i
secoli.
Perseguitato
nella sua patria, si era rifugiato a Roma, dove il papa Nicola V, illustre
collezionista di manoscritti, lo nomin suo segretario. Non aveva potuto
scegliere di meglio, perch Manetti era bibliofilo infaticabile che giunse a
riunire una biblioteca nutrita e rimarcabile, con lintenzione di renderla
pubblica, ma and dispersa dopo la sua morte. Di lui non si conosce alcuna traduzione
personale di alcun autore greco, sebbene avesse potuto offrire lappoggio del
suo grande sapere, ai traduttori impiegati
presso Alfonso il Grande, re di Napoli.
Altro
bibliotecario di Nicola V, Giovanni Tortelli di Arezzo, amico di Lorenzo Valla; aveva
tradotto qualche vita di Plutarco (edizione di Roma 1470 in-fol.).
Non si pu
omettere Pier-Paolo Vergerio il
vecchio. nato verso il 1339 e morto nel 1420; aveva cominciato ad apprendere
il greco in et avanzata a Firenze, probabilmente sotto Crisolora ed ebbe lonore
di essere il primo traduttore di un libro di greco al tempo della Rinascenza.
Al servizio
dellimperatore Sigismondo, per suo ordine, dopo il 1410, fece una versione di
Arriano in un latino puro ed elegante; essa non fu mai stampata e i manoscritti
sono tanto rari al punto che Hallam, riferiva:- Dicono che uno si trova nella
Bibioteca Vaticana; ma, aggiungeva,
molto poco conosciuto. Provo un certo piacere, (scrive Firmin-Didot), far
sapere che possiedo un superbo manoscritto su velina, eseguito in Italia nel quindicesimo secolo.
Uno dei pi
grandi ellenisti italiani stato Carlo Marsuppini, detto lAretino, nato ad Arezzo (1399-1453);
a lui si deve la traduzione in esametri della Batracomiomachia (*) (Parma 1492, Modena 1498 ecc.) e la versione
del Dialogo di Luciano Della virt. Francesco Fidelfo ebbe un
ruolo considerevole nelle lettere; aveva soggiornato a Costantinopoli
(1420-27), dove aveva appreso il greco da Giovanni Crisolora. Sposato con la
figlia di Fidelfo, venne in Italia a insegnare il greco a Venezia nel 1428 e
nel 1429 occup la cattedra di letteratura greca e latina a Firenze, senza
dubbio rimpiazzando Aurispa. Dotato di intelligenza brillante e di un ardore
infaticabile per lo studio, raggiunse la fama di essere il maggior conoscitore
della lingua greca che vi fosse in Occidente. Tradusse diverse opere di
Aristotele, Senofonte, Ipppocrate, Plutarco ed altri. Suo antagonista fu Poggio Bracciolini che si era
consacrato alla letteratura latina lasciando una traduzione di Diodoro Siculo
(Bologna 1472, Venezia 1476 e 1481, ecc.). Giovanni Aurispa (morto il 1459), siciliano
di nascita; da un suo viaggio in Oriente port trentadue manoscritti; insegn greco a Firenze e Ferrara dopo il
1433 e tradusse il trattato di Ierocle di Alessandria, sui Versi dorati di Pitagora, e un
frammento di Dione Cassio.
Lavvenimento
dei Medici al governo della repubblica, dava alle lettere nuova fama: Cosimo de Medici
(1434-1464), emulo di Palla Strozzi, ardente protettore dellellenismo, segu
il suo esempio geniale. Soprannominato il Pericle di Firenze, accolse con
favore Giovanni Argiropulo, giunto da Costantinopoli il 1434 e lo nomin
insegnante di greco del figlio e del nipote.
Argiropulo
fece una fedele traduzione della Morale
e della Politica di Aristotele,
pubblicate dopo la sua morte (1473), a Firenze nel 1487, con i commentari di
uno dei suoi allievi, Donato Acciaiuoli (1428-1478), antico confaloniere della
repubblica, traduttore egli stesso di diverse Vite di Plutarco, pubblicate a Firenze nel 1478. Argiropulo, dopo
aver professato il greco a Firenze, si era recato a Roma (1470) dove tenne un
corso di letteratura greca. Altro allievo di Argiropulo, Alamanno Rinuccini
(1420-1504), fiorentino, aveva pubblicato una traduzione di Plutarco, La virt delle donne (Brescia 1465) e
tradusse, di Filostrato, La vita di Apollonio di Tirana (ritenuto
il Ges laico, con fonti documentate, del II secolo). Nei primi
anni di regno di Cosimo de Medici, il
celebre neoplatonico Gemisto Pletone era
giunto, in occasione del prossimo Concilio di Firenze (1438), soggiorando a
Firenze dove si intrattenne su Platone (**).
Il grande
Giacomo Leopardi (***), che fu ellenista rimarchevole dei tempi pi vicini a
noi, riteneva Pletone uno dei maggiori geni e pi distinti del suo tempo. Per i suoi lavori e per ci che
avevano provocato le sue dottrine, egli,
scrive Firmin-Didot, ebbe una potente
influenza sul progresso dellellenismo in Italia, in quanto aveva fatto meglio
conoscere le opere dei due grandi filosofi dellantichit. Cosimo si entusiasm
per le sue teorie platoniche sulla teologia naturale e decise di fondare
unAccademia speciale per propagare le sue dottrine.
Fu scelto
un giovane dotato di viva intelligenza per divenire un giorno, capo di questa
propaganda: era Marsilio Ficino, allet di ventitre anni (1456) cominci ad
apprendere il greco. Da quanto riferisce Bartolomeo de Sacchi, detto Platina,
debutt con una traduzione di Mercurio Trismegisto (v. in Schede F. Il Libro di Tot tra Libro dei tarocchi e
Corpus Hermeticum), del libro Della
potenza e saggezza di Dio (Treviso 1471, Ferrara 1472, Venezia 1481,83,
91, 93) che ebbe un gran successo. Nel 1453 tradusse in latino le opere di
Platone che furono pubblicate nel 1483-84 a Firenze; le opere di Plotino
apparvero in seguito (1494).
Simultaneamente
a Firenze, un altro centro di attivit letteraria sorto in Italia fu quello di
Napoli, sotto il geverno del saggio e illuminato Alfonso V DAragona (1396-1458).
Questo monarca molto colto, attir alla sua Corte un gran numero di studiosi;
sovrano magnanimo, fu il loro benefattore; i posteri, consacrando i suoi
meriti, gli attribuirono il titolo di Grande; egli fece enormi sacrifici per la cultura
delle lettere e prendendo come segretario Manetti, lo rassicur che avrebbe
diviso con lui il suo ultimo pezzo di pane. Una parte della sua bella
biblioteca fu portata a Parigi, dopo la conquista di Napoli da parte di Carlo
VIII; si trovano ancora, scrive Firmin-Didot, nella nostra Bibliotea di
Francia, bei manoscritti di tale provenienza, con le armi di Napoli o altre,
impresse sulla rilegatura; il re Alfonso aveva preso per emblema un libro
aperto. Lorenzzo Valla (1406-1457) abile ellenista che aveva appreso il greco
allet di trentasette anni dal siciliano Govanni Aurispa (1376-14599
il quale si era recato a offrire i suoi servigi ad Alfonso di Napoli. che lo
nomin suo segretario, con lincarico di tradurre degli autori greci; Valla
apr allora una scuola di eloquenza greca e latina che ebbe breve durata. Si
rec a Roma dal papa Nicola V per offrirgli la prima traduzione latina di
Omero, dopo Leonzio Pilato, che non era ancora conosciuta. Dopo aver fatto una versione di Tucidide che gli
fu ricompensata con cinquecento scudi doro e altri vantaggi, ritorn a Napoli dove mor. Le sue versioni
dellIliade di Omero, in prosa, di Erodoto e di Esopo, non furono pubblicate
che dopo la sua morte; Omero (a Brescia,
8 dic. 1474), Erodoto (a Venezia, 1474, a Roma 1475 e Venezia 1494), Esopo (?
1488).
Niccol Della Valle (c.ca: 1451-1473), mor a ventidue anni; tradusse
in versi latini i libri 3,4,5.13.18.20. 22.23 e 24 dellIliade di Omero (Roma febbr. 1474), e di Esiodo, e le Opere e i giorni. Bartolomeo Fazio morto alla
Corte di Napoli nel 1457; di Arriano, aveva
tradotto Le conquiste di Alessandro (De
rebus gestis Alexandri), Pisa 1508.
Pietro Candido,
aveva dedicato al re Alfonso V le
sue traduzioni di una parte di Arriano (Venezia 1472,1477, 1492; Reggio 1494,
Scandiano 1495). Lelio Castellano, scrisse una
versione di Luciano con questo titolo: De
veris narrationibus (Napoli 1475). Gregorio Tiferna, rientra nel numero degli insegnanti di greco
a Napoli ma anche a Milano e Roma; nel 1455 ottenne la prima cattedra di greco
a Parigi, ma in capo a quattro anni torn a Venezia dove rimase fino alla morte
(1466). Aveva tradotto sette libri di Strabone e un trattato di Dione
Crisostomo.
Venezia non
era stata lunica a introdurre lo studio del greco; dallinizio del XIVmo
secolo, seppe attirare Crisolora che vi insegn per quattro anni. A Filelfo era
succeduto Giorgio di Trebisonda che il patrizio Francesco Barbaro lo aveva
fatto venire dalla Grecia (verso il 1428), per rimpiazzare Fidelfo nella
cattedra di greco a Venezia; ma vi rimase qualche anno, recandosi poi a Roma.
Aveva cessato di insegnare nel 1450, dedicandosi alla traduzione di un numero
considerevole di autori greci, ma in una maniera sciatta; mor nel 1486.
Man mano
che le armi vittoriose ottomane soggiogavano la Grecia, cocnlude Firmin-Didot,
un numero di studiosi greci venivano a cercare ospitalit in Italia ed era
sopratutto a Venezia che di preferenza si fermavano.
*) La battaglia dei topi e delle rane, come
un racconto di Esopo; un racconto burlesco, attribuito ad Omero; composto
probabilmente fra il VI e il IV sec., e fu per lungo tempo testo scolastico;
piacque molto ad antichi e moderni e Leopardi la tradusse pi volte e lo
complet con i Paralipomeni della Batracomiomachia (Cronache della
Batracomiomachia).
**) V. in Schede filosofiche: Polemiche umanistiche tra platonici e
aristotelici; La polemica continua; I
primordi dellaverroismo e la Scuola aristotelica-averroistica di Padova, P.I,
II.
***) Questo
nome affascinante, ci fa saltare sulla sedia tutte le volte che ci compare
davani agli occhi; il titolo di grande
che gli spetta che una volta era dato a
personaggi di questo livello, ora, per la rivoluzione fatta da facebook, divenuto di uso tanto comune
che dato a tutte le mezzecalzette! Leopardi lo abbiamo gi indicato in riferimento
a Pletome (Art.cit.); ma la curiosit ci ha spinti a rifare la ricerca e questa
volta, siamo rimasti ancora pi sbalorditi sulla profondit della sua conoscenza
delle lingue antiche (conosceva anche lebraico), fino al punto di rilevare
diversit minime. In Zibalddone (al
n. 997), parlando delle differenze della lingua greca classica e della lingua
latina, dice di preferire la lingua greca
che egli trova meno complessa, e aggiunge: nella lingua greca fino agli ultimissimi tempi dellimpero greco, si
trova persino una certa eleganza di lingua e di stile. E prosegue: In Gemisto meravigliosa luna e laltra.
Tolti alcuni piccoli erroruzzi di lingua (non tali che siano manifesti se non
ai dottissimi); le sue opere o molte di esse, si possono sicuramente paragonare
e mettere con quanto di pi bello ha la pi classica letteratura greca e il suo
miglior secolo. Da rimanere sotto chok!
LELLENISMO
NELLE PICCOLE
CORTI DI FERRARA
MANTOVA E URBINO
L ELEZIONE DEL
PAPA
NICOLA V
U |
n piccolo
Stato segu subito questo movimento generale verso gli studi dellantichit e
fu il marchesato, poi ducato di Ferrara. LUnivesit era stata inaugurata nel
1402 con linteressamento del marchese Nicola III dEste che ne fondava
unaltra a Parma. Nonostante il periodo delle guerre, le lettere antiche
prendevano radici, grazie allo studioso ellenista Giovanni Aurispa e al celebre
Battista Guarini che insegnava a Ferrara. Il Concilio che ebbe luogo a Ferrara
nel 1438 durante il governatorato di Nicola III, vide dei grandi personaggi e
illustri studiosi dellOriente greco, assistendo alle loro riunioni private e
alle discussioni filosofiche tche avevano luogo tra grecci e latini.
Lionello
dEste, figlio naturale e successore di Nicola III, prosegu lopera
civilizzatrice di suo padre, con maggior impegno, in tempi pi tranquilli.
Brillante allievo di Guarini, Lionello, votato con ardore alle lettere,
contribu, scrive Sismondi, pi di ogni altro principe, a dare alla letteratura
antica l impulso che ha distinto il XVmo secolo in una maniera cos brillante.
Borso
dEste, primo duca di Ferrara, Modena e Reggio, altro figlio naturale di Nicola
III e successore di Lionello, fu non meno devoto protettore delle lettere; i
contemporanei non risparmiano gli elogi sulle sue liberalit nei confronti
degli sudiosi.
Poco prima
della sua morte egli introdusse a Ferrara la stamperia nascente che Andrea
Beaufort, dice Andrea Gallicus o di Francia, stabil per primo, Dopo questo
momento, la fama di Ferrara legata a quella delle lettere. Ercole I dEste
(1433-1505), figlio legittimo di Nicola III e successore di Borso, continu la
tradizione della sua famiglia e attir alla sua Corte i poeti e letterati pi
rinomati. Ariosto fu suo commensale ed a Ferrara che fu stampata nel 1516, la
prima edizione del celebre poema dellOrlando furioso.
Il figlio
maggiore di Ercole I, fu Alfonso I, marito di Lucrezia Borgia; sorella di
Alfonso era Isabella dEste, natura
delite, di spirito coltivato e appassionato per le arti e per le lettere; con
lei la Corte di Ferrara divenne un centro di lumi, dove i malori di Tasso ne accrebbero la celebrit.
Ferrara fu
seguita da Mantova dove il primo marchese Giovan-Francesco I Gonzaga aveva
avuto la saggezza e la fortuna di legarsi al celebre studioso Vittorino Rambaldoni detto Vittorino di Feltre (1379-1447).
A una vasta istruzione egli univa le pi
preziose qualit di cuore. E una
sorpresa, scriveva Ginguen, trovare
in un secolo ove vi era ancora della rozzezza nei costumi, un modello cos
perfetto di educazione letteraria e civile. Il marchese di Mantova lo
aveva chiamato da Venezia, dove Vittorino dirigeva con successo una scuola
pubblica, al fine di affidargli leducazione dei ragazzi.
Nelle sue
nuove funzioni, si era dedicato non pi al ruolo di insegnante privato, ma, con
lautorizzazione del marchese, ammetteva altri allievi alle sue lezioni, La sua
celebrit fu tale, che accorrevano dalla Francia, Germania, e dalla stessa
Grecia e la scuola di Mantova si mise al livello delle altre pi illustri
Universit.
Tutti i
suoi allievi, fecero onore al loro maestro: Il figlio maggiore del marchese ,
Luigi III Gonzaga, aggiunse ai suoi talenti militari, il gusto per le lettere e
le arti; ma, tra tutti, si distinse la sorella di Giovan-Francesco, Cecilia Gonzaga (1426-1451) da mettere
tra i pi virtuosi e colti personaggi del XIVmo secolo. Ambrogio di Camaldoli,
riferisce che allet di otto anni, conosceva il greco e giunse a scrivere con
gran purezza.
La nipote, Barbara Gonzaga (1455-1503), figlia di Luigi III, occupa un bel posto nella
storia delle lettere. Sposata al duca di Wrtemberg, fu
lei ad essere la fondatrice dellUniversit di Tubinga (1477), prodigando
incoraggiamenti ai personaggi di cultura, tra i quali, il celebre Johan Reuchlin,
fondatore degli studi greci in Germania.
La
rinascita delle lettere a Roma non data che dallelezione del papa Nicola V (v. Art.
cit,), nel 1447: dopo la sua elezione era dominato dalla cura
delle lettere, piuttosto che seguire le
lotte intestine che in quel periodo travolgevano lItalia, assumendo per i suoi
Stati, una posizione neutrale e pacifica al fine di concentrare tutte le
risorse finanziarie allabbellimento della citt e allacquisto di manoscritti
che faceva abbellire con rilegature e miniature. Sotto i suoi auspici si
distinsero Aurispa, Manetti, Tiferna e particolarmente Trebisonda e Teodoro
Gaza che tradussero Tucidide, Diodoro Siculo, Appiamo, Polibio, Strabone e una
parte di Aristotele e Platone: Perfino sul letto di morte aveva espresso il
desiderio di far tradurre Omero in esametri.
Lo studio
della lingua greca a Roma, era stato trascurato fino allarrivo di Bessarione (v.
Art. cit) giunto nel 1439; il quale ricercava bei manoscritti da diventare
antagonista di Nicola V, che lo trattava
con freddezza, anche a causa della nomina di Bessarione a papa, nomina revocata
dallo stesso collegio di cardinali che lo aveva votato (v. cit. Art.). Bessarione
si mise quindi a tradurre Senofonte, Aristotele, Teofrasto e altri; alla sua
morte lasci tutti i suoi manoscritti al Senato di Venezia che costituirono il primo
fondo della Marciana e servirono ad Aldo per le sue pubblicazioni.
Bessarione
era stato seguito da Crisolora e Gregorio Triferna, e infine da Argiropulo dopo
il 1470.
I mecenati
dellellenismo che non bisogna dimenticare, scrive Firmin-Didot, sono Federico da Montefeltro,
duca di Urbino (1410-1482), allievo di Vittorino da Feltre. Molte traduzioni
dal greco furono eseguite per lui; egli che era uno dei pi grandi capitani del
suo tempo, aveva mescolato le preoccupazioni letterarie alla sua attivit
guerriera. Cos, alla presa di Volterra, durante il saccheggio generale prese
come propria parte, una magnifica bibbia in ebraico. Dopo la sua morte, la sua
passioe di bibliofilo rese un segnalato servizio alle lettere greche, in quanto,
nella sua magnifica biblioteca, nel 1515
furono scoperte due nuove commedie di Aristofane: Lisistrata e Tesmoforiazuse
(Le donne alle Tesmoforie).
La rovina
definitiva della indipendenza della Grecia (1453) ebbe per effetto di fare
dellItalia la sede dellellenismo e gli studi greci fecero rapidi progressi.
Come
ulteriori ellenisti italiani, prima di Aldo Manuzio, sono da ricordare Pietro Balbo di Pisa,
morto nel 1479, traduttore di Alcynoi
Epitome in disciplina Platonis (Roma 1469) oltre a qualche ecclesiastico
greco. Lapo Birago, fiorentino, allievo di Fidelfo e pi tardi
insegnante a Bologna, traduttore di diverse Vite di Plutarco (Venezia, Janson 1478) e Dionigi di Alicarnasso (Treviso
1478); Bonino Mombrizio, milanese,
(1424-v.1482), traduttore di Teogonia
di Esiodo in versi esametri latini (Ferrara 1474), Nicola Perotti,
traduttore dei primi cinque libri di Polibio (Roma 1473); Filippo Veneto,
traduttore della Fisica e Metafisica di Aristotele (Venezia
1482); Stefano di Messina (Messanensis), traduttore di Hermetis
Trismegisti Centiloquium (Venezia 1492) Raffaele di Volterra, traduttore dellOdissea di Omero (Brescia
1497); Francesco Rinucci di Arezzo. traduttore dei Dialoghi di Luciano (Roma
v. 1470), De Plutarchi Apophtegmata
(Venezia 1470) e De Phalaridis
epistolae (Roma v. 1470 e altre numerose edizioni fino al 1510).
Cos, come
si visto, in molte citt italiane vi erano cattedre di lingua e letteratura
greca prima del XVmo secolo: a Firenze avevano insegnato, dopo Crisolora (1396-1402), Guarini (1415) Aurispa
e infine Filelfo (1429); a Venezia, Crisolora (1402-1406), Omnibono Leoniceno,
Guarini (1415-22), Filelfo (1428-29), Giorgio di Trebisonda fino al 1450.
Tifernas (1460-1466); a Verona, Guarini (1422-1436); a Ferrara: Aurispa (dopo
il 1433), Guarini (1436-60) e Teodoro Gaza,
che aveva insegnato greco al ginnasio di questa citt (1441-1450),
Le altre
citt come Milano, Pavia, Roma, Napoli non ebbero insegnanti che a intervalli e
la loro storia tutta da scrivere. Bologna dove regnavano gli studi giuridici,
aveva accolto con freddezza la istituzione di un corso di greco con Aurispa.
Questo
era lo stato degli studi prima che Aldo Manuzio entrasse in scena; solo quattro
autori greci erano stampati in originale. Esopo, Teocrito, Omero e Isocrate;
tutte le altre opere erano conosciute in lingua latina pi o meno fedele.
Il
pubblico era stato preso dallimmenso ardore per lellenismo: non bastava pi
conoscere gli autori greci con gli occhi dei traduttori; essi desideravano
avere subito la conoscenza del personaggio sotto una forma affabile, se non
denaturata; volevano che si sollevasse
il velo che nascondeva la bellezza della
forma in originale; volevano avere la gioia che procura la contemplazione di un capolavoro. Dateci dei testi greci era il grido generale.
Questi
testi greci stampati, non esistevano, Le stesse traduzioni latine che non consistevano principalmente che in
opere di filosofia, morale, storia, non avevano ancora offerto che una
ristretta porzione di letteratura greca. I grandi autori drammatici, Eschilo,
Sofocle, Euripide, Aristofane erano ancora sconosciuti ed era l che
principalmente era testimoniata la sublimit incomparabile del genio greco.
Occorreva un uomo, superiormente dotato, per soddisfare il voto del pubblico: e
questuomo era Aldo Manuzio.
A CHE PUNTO ERANO
GLI STUDI DEL
GRECO
QUANDO ALDO
INIZIAVA
LA SUA ATTIVITA
I |
l nome Aldo, era abbreviazione di Teobaldo,
donde Aldus Manutius Bassianus Latinus; era
nato negli Stati romani a Bassiano-Sermoneta tra il 1449/50, da famiglia da
lungo tempo latina. Essendosi occupato della educazione di Alberto Pio, figlio
maggiore dei principi di Carpi, con la protezione di questa faniglia aveva
avuto il permesso di aggiungere il nome Pio
al proprio, e (dal 1503) si designava come Aldus
Pius Manutius Romanus.
Per i suoi
studi aveva avuto un pedagogo pedante, che gli aveva insegnato la Grammatica ritmica di Alessandro
Villa-Dio, lunica allora in uso, che Aldo aveva preso in tale antipatia, che pi tardi ne
compose una (Rudimenta Gramatices lingu latin, 1501)
che ebbe grande successo in Italia e allestero.
Dopo aver
terminato gli studi a Roma con abili maestri, si era recato a Ferrara per
seguire le lezioni di greco di Battista Guarini, al quale, nella prefazione che
gli aveva dedicato nel testo di Teocrtito
del 1495, gli aveva dimostrato la sua riconoscenza.
Aldo, volendo
trasmettere il gusto per le lettere, a Ferrara aveva intrapreso a leggere e
spiegare pubblicamente i migliori scrittori greci e latini; aveva tenuto questo
suo corso per diversi anni, e i giovani
che lo seguivano erano numerosi e tra costoro vi era Ercole Strozzi, per il
quale pi tardi aveva stampato le poesie e composto lepitaffio in versi
latini.
Durante la
guerra del duca di Ferrara Ercole dEste con Venezia, Aldo lasci Ferrara
(1482) e si ritir a Mirandola presso Giovanni Pio, suo condiscepolo a Ferrara,
dove fu suo ospite per due anni. Per
mezzo di Pico della Mirandola, Aldo, si leg in amicizia con Emanuele
Adramittenos di Creta, con il quale approfond la conoscenza della lingua e dei
monumenti letterari greci; e quando la patria del suo amico era stata conquistata dai turchi, era stato preso da
tanto dispiacere, da assumere il titolo di filelleno
che si trova stampato nei suoi primi libri. Nulla
di pi glorioso e pi toccante, scrive Firmin-Didot, erano i sentimenti damore per le lettere, che univano le varie classi
della societ, che costituivano una ideale Repubblica delle Lettere.
Aldo a
Mirandola curava leducazione del figlio della sorella di Pico, Caterina Pia
(che dalla corrispondenza avuta con Aldo dimostrava di avere anchessa conoscenza
del latino e del greco), il giovane principe di Carpi, Alberto Pio e suo
fratello Leonello; e Pico ebbe modo di apprezzare le qualit di Aldo.
Per rendere
pi gradevoli le sue lezioni e stimolare lemulazione, Aldo ammetteva, per
prendervi parte, qualche giovane allievo che si era distinto per suoi meriti,
come ricordava un professore di Bologna (Jaques Beranger in Isagoges Anatomes su) nella dedica al principe Alberto di Carpi, in
cui egli parlava dei brillanti studi fatti con il benamato precettore Aldo Manuzio Romano.
Era il periodo
della polemica tra aristotelici e platonici (v. Art. cit.) e le discussioni
avevano colpito Aldo che si mise a studiare la filosofia, e Pico gli aveva
scritto una lettera da Firenze dicendogli che la filosofica cerca la verit, la teologia la trova, la religione la
applica. Queste parole, scrive Firmin-Didot, ci ricordano che Pico della
Mirandola, che fu amico di Marsilio Ficino, ammiratore e primo traduttore di
Platone, tentava di avvicinare le
dottrine di Platone con quelle di Aristotele e di conciliare le deduzioni della
filosofia con la rivelazione della religione, tentativo ardito che senza il
rango elevato al quale apparteneva, lo esponeva alla persecuzione (infatti
fu arrestato dagli inquisitori, mentre si recava a Parigi nel 1488) e,
credendo di trovare le fonti della saggezza umana negli studiosi orientali, era
caduto nelle fantasticherie mistiche della cabbala.
Aldo seppe
preservarsi con la sua intelligenza da queste aberrazioni e dalle credenze dellastrologia,
allora cos comuni, come risulta da una sua lettera al duca di Urbino,
Guglielmo da Montefeltro, che credeva nellinfluenza degli astri sul destino
umano. Ora (prosegue Firmin-Didot), vediamo a che punto fossero giunti gli
studi greci in Italia.
La
Greia, conquistata sui campi di battaglia, dominava gli spiriti dei
conquistatori con la lingua ricca e perfetta e la sua letteratura cos varia, originale e attraente.
La
civilizzazione greca, aveva lasciato tracce talmente profonde nel cuore
dellimpero romano, che, al momento della sua caduta, malgrado tutte le
vicissitudini politiche e nello stesso tempo delle invasioni barbariche,
lItalia aveva conservato un ricordo tradizionale e una vaga ammirazione per i tesori letterari della Grecia. Tanto
che sul resto dellEuropa si era appesantito il giogo del latino barbaro, unito
alle sottigliezze della scolastica e lItalia non aveva completamente rotto la
catena che la univa alla Grecia, sebbene scismatica, e aveva preparato la via a
una resurrezione di un passato fecondo per lavvenire.
Le
colonie greche marittime della Magna Grecia, avevano conservato per lungo tempo
il loro linguaggio originario. Fino al Xmo e XImo secolo le carte e documenti
ufficiali, scritti in greco, che si trovano negli archivi di Napoli e Sicilia,
attestano che limpiego della lingua greca si manteneva ancora in questepoca,
nellItalia meridionale.
Gli
italiani e principalmente le repubbliche di Genova e Venezia, possedevano delle
basi commerciali che risalivano al tempo dellimpero romano e i rapporti
costanti di queste colonie con la capitale fanno presumere che la conoscenza
del greco non era estranea ai commercianti dItalia.
Al
Xmo secolo fatta menzione di una discussionme grammaticale tra un
ecclesiastico di Novara di nome Gunzo, che citava il testo dellIliade e i
monaci di San Gallo. I monaci dellordine di san Basilio, numerosi in Italia,
soprattutto in Calabria, successivamente allXImo secolo, usavano il greco come
lingua liturgica. E dai loro ranghi che erano usciti i pi ardenti promotori
della riconciliazione della Chiesa greca con quella latina e questa iniziativa
non contribu poco alla propagazione del greco in Italia.
Abbiamo
visto che nel XIVmo secolo, Bernardo Barlaam di Seminara, dopo essere andato a
studiare il greco in Grecia, era stato incaricato delle trattative per la
riunione delle due Chiese, senza riuscire in questa impresa impossibile (v. in
Art, I Mille anni dellimpero bizantino ecc.);
egli sebbene avesse avuto poca influenza, si poteva considerare come prosecutore della restaurazione degli studi
greci in Italia, per i suoi rapporti con Petrarca. Era stato seguito da
Emanuele Crisolora, da considerare il vero fondatore della rinascita
dellellenismo, non solo in Italia ma in tutto lOccidente. Dopo di lui vi
erano stati, nel XVmo secolo, Ambrogio Traversari detto il Camaldolo, che
abbiamo trovato a Mantova e Battista Guarini che aveva insegnato il greco ad
Aldo Manuzio.
La
caduta dellimpero greco (1453) aveva avuto leffetto di far venire in Italia
molti degli studiosi che erano rimasti in Grecia, che avevano portato con s i
tesori dellantichit letteraria greca, diffondendo in molte citt,
paricolarmnente a Venezia, linsegnamento del greco; si vide allora, aveva
scritto Aldo, applicarsi fino ai
vegliardi, sullesempio di Catone, allo studio del greco e la giovinezza e
linfanzia coltivare ugualmente il latino.
Lavidit
di procurare i testi greci fu tale che Aldo decise di dedicare la sua vita alla
loro pubblicazione. Questa passione per lo studio del greco, dallItalia si
propag in Germania, in Francia fino alla Pannonia, in Inghilterra e in Spagna.
Il
pi grande ostacolo al progresso degli studi greci, come aveva constatato personalmente
Aldo, era la penuria di testi greci stampati fino a quel momento, in quanto i
manoscritti non potevano essere alla portata di tutti. Quali erano in effetti i
libri propagati in questa lingua dalla tipografia verso il 1490, epoca nella
quale Aldo aveva messo in esecuzione il
suo grandioso progetto?
In
base alle ricerche fatte da Firnin-Didot, era risultato che lItalia aveva
avuto lonore di precedere tutti gli altri paesi; quattro citt avevano
stampato dei libri greci, prima che Aldo, nel 1495 avesse anticipato tutte le
altre stamperie dEuropa: queste citt erano innanzitutto Milano, seguita da
Venezia, Vicenza e Firenze.
A
gennaio del 1476, era apparso a Milano
il primo libro stampato in greco, la Grammatica
di Lascaris, presso Paravicini (Impressum
per magistrum Dionysium Paravisinum); una volta uscito dalla stamperia del
Paravisini, la sua esecuzione per ci che concerne la parte pi importante,
vale a dire la stampa e la fonte dei caratteri, doveva essere attribuita a
Demetrio il Cretese (il commento fatto sulla esecuzione del lavoro era stato il
seguente:- In questopera il carattere pressapoco
senza legature. gli accenti non sono separati ma fusi con le lettere; la
fusione molto irregolare e alcune delle lettere iniziali, imitate da qualche
manoscritto, sono bizzarre).
Nelle
sue due prefazioni, una in greco, laltra in latino, indirizzate ai giovani che desiderano istruirsi,
Demetrio esponeva che per sopperire alla
mancanza di libri greci, fossero necessari i loro studi; e nella speranza di
soddisfare i loro voti, egli tentava di fare qualcosa degna di memoria,
sforzandosi, con una grande applicazione dintelligenza e con maggior
esperienza, di trovare il mezzo per poter stampare i libri greci, cosa
difficile a causa della composizione cos varia e numerosa delle lettere
impiegate nel greco e dellattenzione tutta particolare che occorreva apportare
ai caratteri con gli accenti.
Questa
esposizione, scrive Firmin-Didot, manca di precisione, ma conferma il senso di
dover dare il destro a Demetrio il
Cretese, di cui fatta menzione nelledizione di Omero di Firenze del 1488.
Verso
il 1489 cos che a Milano erano apparsi, senza lindicazione dellimprimatur, Esopo e Teocrito e, nel 1481
un Salterio greco, pubblicato a cura
di Jean Craston di Piacenza. Nel 1486, due cretesi, Alessandro (di Candace) e
Laoniceno, pubblicarono il primo Salterio,
la seconda la Batracomiachia di
Omero. Nel 1493, Isocrate, preparato da Demetrio Calcondila, fu stampato da
Enrico Germano o lAlemanno e Sebastiano di Pontremoli.
La
terza citt dItalia che aveva stampato libri greci, prima del debutto di Aldo,
era Vicenza: Leonardo Achates di Basilea aveva stampato il 18 luglio 1488, la Grammatica di Lascaris e successivamente
nel 1490 e 1491 le Erotemata di
Crisolora, stampate per la prima volta a Venezia nel 1484.
E a
Firenze che nel 1488 i due fratelli Bernanrd e Nerius Tanas, figli di Nerilius, aveva presentato la novit della prima
edizione di Omero, dedicata a Leone X; nella prefazione latina dedicata a
Pietro de Medici, Bernardus Nerilius diceva che la rarit dei testi greci gli
imponeva di intraprendere, prima di ogni altra opera, la stampa di Omero; che
sia lui, sia il fratello Nerius Tanas,
lavevano fatta a loro gusto con laiuto di Giovanni Acciaiuoli e con lesperienza
(per la parte tipografica), di Demetrio il Cretese e per la parte letteraria, dellatemiese
Calcondila, di cui Nerilio si dichiarava discepolo.
La
prefaziome greca di Demtrio Calcondila, indirizzaata ai lettori, indicava
coloro che vevano contribuito allesecuzione dellopera, innanzi citati, omettendo di parlare della sua
collaborazione. Egli, riferendosi a Demetrio il Cretese, lo indica con
lepiteto di milanese che si spiega
con il desiderio di designare i suoi meriti artistici nellesecuzione del primo
libro greco, la Grammatica di
Lascaris (del 1476) eseguita a Milano che, con la comparazione dellOmero di
Firenze, avevano ambedue la stessa identit dei caratteri.
E
spiacevole, scrive Firmin-Didot, non
avere dei dettagli sulla parte tipografica
attribuita a Demetrio il Cretese e allo
stesso modo a quella attribuita a Zacharias Calliergi il Cretese e altri
incisori e fonditori dei caratteri dell Etumologikn
mega da lui impresso a Venezia nel 1499, dove tutti i dettagli concernono
i punteruoli, le matrici, e la fonte del carattere, descritti in versi
greci da Masuro (*).
E cos che
a Firenze, Lorenzo Francesco de Alopa aveva stampato nel 1494 Antologia di Planude, in lettere
capitali greche, la cui forma imita quella delle iscrizioni lapidarie e cos
altri quattro volumi pubblicati posteriormente con gli stessi caratteri
lapidari: Callimaco, Gnom monastic, Euripide e Apollonio
di Rodi.
Per ci che
concerne Venezia, il primo libro stampato ledizione originale della
grammatica di Crisolora Erotemata
(Domande), in greco e latino: Impressum
Venetis per Peregrinum boniniense MCCCCLXXXIIII,
die
quinta febrarii (calendari
veneziano) corrispondente a 5 febbario 1485, di dieci anni anteriori alla data
di apparizione del primo libro stampato da Aldo, durnte i quali non si trova nessun
libro stampato a Venezia; i caratteri di questo testo sono di forma arcaica e
il libro senza legatura e non vi alcuna somiglianza con la bellezza e la
ricchezza dei testi di Aldo.
I testi
stmpati nel 1495 sono circa una diecina per tutta lItalia; due grammatiche,
due salterii. Esopo, Teocrito, Omero e un oratore, Isocrate: ecco tutta
lattivit degli stampatori greci, anteriori ad Aldo.
*)
Giovanni Musurus, era uno studioso greco che aveva trovato rifugio nel palazzo
del principe di Carpi; non se ne conosce la data ma era di poco anteriore allo
stabilimento della stamperia di Aldo, col quale collaborer per la stampa dei
testi greci. Da non confondere con Marco Masuro o Musurus di Creta, che aveva
le stesse mansioni ed era dello stesso livello culturale del precedente; membro
dellAccademia fondata da Aldo e insegnante di belle lettere a Padova ed era cognato di Giovanni Gregoropulos (designato come Giovanni di Candia).
FINE
PARTE PRIMA